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Australian Open, Djokovic: “Non ho mai avuto paura di dire che volevo essere il migliore al mondo”

Novak Djokovic
Novak Djokovic - Foto AGN Foto / IPA Sport / IPA


Reduce dalla vittoria in tre set su Etcheverry al terzo turno degli Australian Open, Novak Djokovic ha parlato in conferenza stampa post match: “Ho giocato meglio rispetto ai primi due turni e questo è positivo. Fisicamente mi sono sentito meglio come gioco, anche se non ho ancora giocato al massimo livello. Prima di questo torneo non mi sentivo per niente bene né fisicamente né tennisticamente, ma la situazione sta progredendo man mano che il torneo avanza. Spero che migliori ogni giorno“. Su Medvedev e sul suo match notturno: “So che negli Slam si è parlato della questione delle partite notturne. Quest’anno hanno provato a iniziare un giorno prima, ma l’ordine di gioco e gli orari sono un problema dato che gli uomini giocano al meglio di cinque turni e ieri ce ne sono stati diversi, il che ha costretto Daniil a iniziare la sua partita alle 23:00. Non è la situazione ideale, ma non vedo gli Slam cambiare programma visto che devono vendere i biglietti. Un’opzione potrebbe essere mettere una partita in meno sul centrale“.

Djokovic ha poi proseguito sulla sua partita: “Non sempre parlo con me stesso in modo positivo. Nella mia testa ci sono tante parolacce, ma capisco che fa parte del lavoro. Fa parte di ciò che sono. Sono consapevole che tutti attraversano momenti di crisi, la domanda è come superare quei momenti di dubbio e concentrarsi sul presente. Ho una personalità estroversa e mostro le mie emozioni. Quando mostro il lato negativo di quelle emozioni, è brutto e non mi piace, ma è così. Cerco di combattere i demoni dentro di me, come tutti gli altri. A volte funziona, a volte no. Devi solo accettare le cose così come sono“. Al serbo poi è stato chiesto se qualche tennista lo ha criticato per la sua personalità: “Buona domanda, so che a Federer non è piaciuto il modo in cui mi sono comportato. Non gli andava bene, gli altri non so. Immagino di non essere stato il favorito dei migliori, dato che non ho mai avuto paura di dire che volevo essere il migliore al mondo. Ero fiducioso e sentivo di avere il gioco per farlo. Non ho mai mancato di rispetto a nessuno. Salutavo sempre all’inizio e alla fine delle partite e riconoscevo il mio avversario. Il rispetto deve essere sempre presente“.

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