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Mateo Retegui: “Mi piacerebbe giocare in Italia, ma è ancora presto”

Mateo Retegui Nazionale
Mateo Retegui - Foto LiveMedia/Federico Proietti/DPPI

Mi piacerebbe molto venire in Italia, ma è ancora molto presto. Però sarebbe bellissimo diventare un protagonista del campionato, uno che segna tanti gol. Come mi piacerebbe segnarne tanti anche per l’Italia, una delle nazionali più importanti della storia”. Lo ha detto l’attaccante italo-argentino Mateo Retegui, in un’intervista alla Gazzetta dello Sport. Fresco di esordio in Azzurro a Napoli lo scorso 23 marzo contro l’Inghilterra, con tanto di gol, l’attaccante del Tigre definisce un “sogno” quello di giocare in Europa, dove “ci sono tanti giocatori che guardo e ammiro. Haaland del Manchester City è uno di quelli, un 9 letale che mi piace tantissimo. Poi Lewandowski, Ibrahimovic, sono tutti molto completi. E sono dei leader”. 

L’esordio e i due gol tra Inghilterra e Malta è un “orgoglio per la mia famiglia”, spiega prima di soffermarsi sui prossimi impegni. Già il 15 giugno prossimo Retegui potrebbe essere convocato per la semifinale di Nations League contro la Spagna: “Io so solo che muoio dalla voglia di esserci, ma è Mancini che deve deciderlo”, specifica Retegui. “Un giorno a inizio anno – racconta il nuovo bomber azzurro – stavo tornando da un allenamento e papà mi chiama per dirmi che aveva una notizia molto importante. Ma non mi sarei mai immaginato una cosa così, nemmeno nel più bello dei sogni avrei potuto pensare di giocare per l’Italia, a Napoli, nello stadio che porta il nome di Diego Armando Maradona. Non appena papà mi ha detto che Roberto (Mancini; n.d.r.) mi voleva, il mio sì è arrivato velocissimo, non c’era molto da pensarci”.

Poi aggiunge: “Il mio mantra è che le mie virtù siano sempre migliori e che i miei difetti divengano virtù. L’obiettivo in campo è che ogni cosa che faccio sia la più naturale possibile”, prosegue l’oriundo, che sul paragone tra Maradona e Messi chiarisce: “Chi il migliore? Tutti e due. Io non ho vissuto la storia di Diego come giocatore. L’ho incontrato giocando il Clasico con l’Estudiantes quando lui era l’allenatore del Gimnasia, vincemmo 1-0 con il mio gol. Ne ho fatti tanti, ma per me quello resta il gol più importante della mia carriera. Ho fatto una bella foto con Diego quel giorno, anche se lui non era propriamente felice. Però non posso scegliere tra lui e Leo, sono i due più grandi della storia”.

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