
La stagione 2025 è ben lontana dal sogno Red Bull che Max Verstappen aveva accarezzato. Dopo dieci gran premi, le McLaren volano in alto, con prestazioni fluide e affidabili che mettono in discussione la supremazia di Milton Keynes.
Il quattro volte campione del mondo sta studiando tattiche alternative: la sfida per eguagliare Michael Schumacher a quota cinque titoli consecutivi sembra sempre più distante. Non basta: la RB21 non lo aiuta. Verstappen sta faticando a ritrovare il feeling perduto con una vettura che, sin dall’inizio, ha mostrato limiti evidenti. Ma il problema non è solo la macchina, perché In Red Bull aleggia un clima teso, fatto di pressioni, ambizioni e personalità forti. Il rapporto tra Max e il suo team, così come con le persone che lo circondano, non trova stabilità.

In questo contesto, il ruolo della seconda guida è cruciale e allo stesso tempo – spesso – messo ai margini. Da quando Daniel Ricciardo se ne andò, sono passati ben cinque piloti sotto la seconda tuta: una casella divenuta una trappola per chiunque provi a sedersici. E oggi quella tensione interna è più viva che mai. Nessuno meglio di Sergio Perez conosce quel microclima. L’esperienza del “tritacarne” Red Bull pesa su chiunque provi a convivere con Verstappen, e la squadra non si nasconde: basti pensare alla facilità con cui una delle auto viene quasi sacrificata al leader “ufficiale”.
Retroscena Perez, l’ingaggio “ombra” che fa discutere
Sono state proprio le parole di Perez, ex secondo delle Red Bull, che hanno acceso un dibattito. L’aneddoto risale al suo primo incontro con Chris Horner, verso la fine del 2020, durante le trattative per approdare in Red Bull: “Lui mi ha detto che mettevano in pista due macchine solo perché dovevano farlo, altrimenti avrebbero potuto correre tranquillamente solo con Max”. Un’affermazione che molti avrebbero evitato, ma che Checo ha trasformato in leva. Ho capito subito come funzionava la squadra – ha continuato Perez – E allora gli ho risposto: ‘Allora mettimi sotto contratto, così correrete con due vetture’.

Una frase scaltra e diplomatica che però ha smascherato, di fatto, il sistema Red Bull: dietro l’immagine di efficienza e competitività, c’è una sola priorità. E Perez lo sa bene, avendoci corso contro, conquistando la vittoria al suo quinto GP e restando saldo per sei stagioni. Il messicano non ha mai nascosto la frustrazione di essere spesso considerato un “numero due”, ma ha trasformato quel ruolo in un trampolino: “Alla fine la squadra mi ha messo in competizione con uno dei migliori della storia… i miei ingegneri invece erano nuovi”. La sua strategia è stata chiara: non lamentarsi, concentrarsi sui risultati. In un’annata in cui la Red Bull è attaccata su più fronti, queste parole suonano come un avviso.