Editoriali

Anche le divinità piangono

Zlatan Ibrahimovic
Zlatan Ibrahimovic - Foto LiveMedia/Fabrizio Carabelli

A volte poi scopri che le divinità hanno un loro lato terreno, una parte umana e subito li percepisci molto più vicini a te. E quando la magia di una location come San Siro e i suoi 70mila ci si mette, riesce anche a farle piangere. La fede dei “Believer” nella loro divinità fa crollare quella patina mistica che ha sempre circondato Zlatan, per lasciar spazio al lato più intimo, più reale, più vero. Chiariamolo subito, non è mai stato il classico supereroe, che poi francamente diciamocelo sti “supereroi” vecchia scuola super buonisti sono superati, hanno un po’ rotto le balle, nemmeno i bimbi li vogliono più.

Zlatan ha incarnato il perfetto esempio di Anti eroe. Arrogante, spaccone, irriverente ma clamorosamente forte e decisivo. Quando era in quel rettangolo di gioco, era nella sua realtà, nel suo mondo, nella sua vita, nel suo personaggio, quel protagonista che anche se cattivo vince sempre, o quasi. Non di certo una bandiera, di maglie ne ha indossata qualcuna (anche perchè “Mino voleva la commissione..” cit. ), ma del resto chissenefrega. Ha fatto vincere il Milan, è andato via controvoglia, è tornato e ha fatto un mezzo miracolo, convincendo anche gli scettici come il sottoscritto.

Oggi però passa tutto in secondo piano, le litigate in campo, le espulsioni, le provocazioni, le frasi che lo hanno reso celebre, non conta più niente, nemmeno le sue prodezze che lo hanno reso iconico, una leggenda del calcio. Oggi Ibra ha tolto la “maschera” da Ibra e ha regalato ai presenti a San Siro il privilegio di conoscere per davvero non l’antieroe, non il personaggio, ma Zlatan, un 42enne di Malmo che davanti ai suoi fedeli si emoziona. Non il duro, ma l’uomo.

Alt! Poi però quando sembra non ci sia per davvero più traccia dell’Anti eroe, quando pare che la divinità lasci spazio alla parte terrena, ci sorprende… “Fischiate, fischiate che è il vostro momento per vedermi…” risponde così ai tifosi del Verona. Un continuo contrasto. Del resto i fischi sono e restano sempre adrenalina per lui, ma questa volta dopo la frase torna il sorriso vero, quasi a dire “è la mia solita battuta, state tranquilli”.

E poi di nuovo gli occhi lucidi, il labbro che trema, le lacrime, le sue, quelle della moglie, quelle di quasi tutto San Siro, dei tifosi e quindi anche di Sandro Tonali. Proprio davanti a me un bambino piange a dirotto abbracciato al papà che tiene lo sguardo alto, per non mostrare al bimbo i suoi stessi occhi lucidi. Il mio amico Federico mi guarda e visibilmente commosso mi dice “a cosa stiamo assistendo?”. Ad una divinità che scende tra i suoi fedeli per salutarli un’ultima volta. Da ieri il percepito di Zlatan da parte della gente è cambiato, forse per sempre.

E si scopre che l’Ibra uomo può brillare davvero quanto l’Ibra calciatore, del resto quanti di noi avrebbero voluto – almeno una volta – essere Ibra? quanti di noi hanno provato il colpo di tacco volante alla Ibra? ma soprattutto chi una volta segnato anche nella più vergognosa partita di calcetto non ha mai esultato con le braccia spalancate proprio come Zlatan…? (non mentite, che tanto non ci credo…). Tra l’altro, la mia vita e la mia carriera lavorativa, step by step, hanno sempre incrociato quel nome e cognome che di svedese ha ben poco.

Ho cantato contro di lui quando andavo in curva da ragazzino, ho esultato ai suoi gol e invocato il suo nome sempre dalla stessa curva, l’ho seguito a distanza e scritto di lui quando lavoravo a Calcio2000, ma soprattutto ho avuto l’occasione di fargli qualche domanda quando ero direttore di Radio rossonera, qualche anno fa. Me lo sono trovato davanti a Reggio Emilia, il giorno scudetto e non ho avuto il coraggio di dirgli niente, se non un “ciao” timido.

Avrei voluto chiedergli una foto, anche se solitamente con i calciatori non è cosa che amo fare (il lavoro è il lavoro), ma per le divinità un’eccezione era concessa. Eppure non l’ho fatto, l’ho osservato, silenziosamente, con rispetto, con stima e mi son detto tra me e me “gli chiederò una foto insieme quando lascerà il calcio giocato, speriamo tra una vita..” Bene, Zlatan, direi che oggi siamo pronti per la foto. Dimmi solo dove e quando.

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