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Musetti, prove di ripartenza: ad Indian Wells per tornare illusionista

Lorenzo Musetti
Lorenzo Musetti - Foto Ray Giubilo

Bisogna essere intellettualmente onesti. La campagna sul rosso sudamericano di Lorenzo Musetti si è rivelata un fallimento. Quattro match disputati tra Buenos Aires, Rio de Janeiro e Santiago del Cile, tre eliminazioni all’esordio, un solo incontro vinto: questi i preoccupanti dati della recente trasferta del carrarino. Scarico fisicamente e mentalmente, falloso con tutti i colpi, sono bastati tre tornei all’azzurro per mettere in discussione il tennis bello e vincente mostrato sul veloce nella parte finale della scorsa stagione. Mai come oggi, tuttavia, bisogna stare attenti ad attribuire il giusto nome ad ogni situazione.

Parlare di ‘crisi’ è fuorviante. La vita di un tennista, infatti, non è lineare ma un continuo sali e scendi di sensazioni ed emozioni. È inevitabile per tutti, figurarsi per un ragazzo di ventuno anni che, tanto per ricordarlo, questa settimana occupa la posizione numero ventuno del ranking mondiale. Criticare costruttivamente sì, fare drammi privi di fondamento no. Non bisogna dimenticarsi in un attimo dei valori tecnici di Musetti, un patrimonio tennistico invidiatoci da tutto il mondo. Adesso, però, occorre ripartire immediatamente. All’Indian Wells Tennis Garden, sede del primo Masters 1000 stagionale, Lorenzo deve subito dimostrare di aver completamente metabolizzato le ultime deludenti prestazioni.

L’italiano, complice anche la giovane età, può vantare una sola apparizione sul cemento outdoor del deserto californiano. Ha partecipato al torneo lo scorso anno arrendendosi al secondo turno di fronte al big server statunitense Reilly Opelka. Le condizioni di gioco, almeno sulla carta, non sono quelle predilette dall’allievo di coach Simone Tartarini. La velocità dei campi obbliga ad essere incisivi con tutti i colpi sin dall’inizio dello scambio per evitare di essere investiti dalla pesantezza di palla degli avversari. Il posizionamento in campo, inoltre, deve essere il più possibile avanzato mettendo da parte strategie attendiste.

Queste caratteristiche, prima della sfortunata parentesi sudamericana, Musetti sembrava averle fatte proprie. Sono ancora negli occhi degli appassionati, infatti, le prestazioni dell’azzurro nel finale della scorsa stagione tra US Open, Firenze, Napoli, Sofia e Parigi-Bercy. Ormai erano tutti concordi sulla completezza tecnica del carrarino, un giocatore capace di dare il proprio meglio non soltanto sull’amata terra battuta ma anche sulle superfici rapide. Proprio per questo motivo in molti hanno storto il naso di fronte all’ultima scelta di programmazione di Lorenzo, reo di essere rimasto nella propria zona di confort al posto di continuare il proprio percorso di perfezionamento e progressiva digestione del veloce.

Parlare con il senno di poi, tuttavia, è troppo facile. Il Sudamerica, infatti, si prospettava come una buonissima occasione per conquistare punti e fiducia alla vigilia dei delicati impegni a stelle e strisce. Certamente il repentino cambio di superficie non ha aiutato. Le cattive sensazioni e la scarsa fiducia si sono palesate sin da subito facendo piombare nel tunnel il gioco di Musetti, tennista decisamente umorale e bisognoso di un clima positivo attorno a sè per poter dare libero sfogo al suo estro senza fine. In questo momento l’unica risposta è il campo. Il tennis, infatti, concede subito la possibilità di rifarsi. I primi ad essere consapevoli del momento negativo sono proprio Lorenzo Musetti e Simone Tartarini.

“La cima di una montagna è la base di un’altra. Quindi, continua a scalare”queste le parole postate sui social dall’azzurro dopo la sconfitta a Santiago del Cile contro lo spagnolo Jaume Munar. Una riflessione importante di un ragazzo bisognoso di risultati per scrollarsi di dosso un ultimo periodo contraddistinto da forma fisica deficitaria, pause mentali e fiacchezza mista a paura con un po’ tutti i colpi. Ora per Musetti è il momento di ritrovarsi, di ritrovare quel gioco illusionista, a tratti ultraterreno, capace di lasciare a bocca aperta avversari e spettatori. Nel deserto di Indian Wells, però, versioni opache, indecise e poco energiche non possono essere ammesse.

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