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Stadi, Malagò: “Favorevole alla commissione, ma serve chiarezza. Non capisco vincoli su lavori di 50 anni fa”

Giovanni Malagò
Giovanni Malagò - Foto Giancarlo Gobbi GMT CONI

“Commissario per gli stadi? Come posso non riconoscere che un commissario è migliore di questo pantano in cui ci sono decine di situazioni che vanno avanti da 30 anni? Io sono favorevolissimo ma voglio leggere molto bene cosa può fare, a chi risponde, chi è, voglio capire se è un tecnico o un politico, perché in caso del secondo ascolta quello che dice il partito”. Sono queste le parole di Giovanni Malagò, presidente del Coni, durante la tavola rotonda “Sostenibilità e lealtà sportiva” organizzata dall’Associazione Davide Astori al Salone d’onore del Coni. Poi, proseguendo sulla situazione stadi in Italia, Malagò sottolinea come “i vincoli sono quelli delle sovrintendenze. Il problema è solo politico perché se questa roba la lasci a briglia sciolta la legiferazione che fai è condizionata da altre vicende. Wembley è stato buttato giù e rifatto, non capisco i vincoli su uno stadio fatto 50 anni fa”.

“Non siamo mai arrivati a un punto così basso, ma il problema è che, pur essendo arrivati al punto più basso su queste tematiche legate alle infrastrutture, non siamo mai stati così in alto nei risultati sportivi – prosegue Malagò – A modo nostro abbiamo creato un’eccellenza. I ragazzi dell’atletica, ad esempio, sono pronti per vincere una medaglia. Non si giudica un paese per quello che fa nel calcio, il calcio è solo lo sport più popolare”. Il presidente del Coni ribadisce però il ruolo della politica nello sviluppo delle strutture sportive: “Io posso presentare delibere in consiglio nazionale, ma la legge la fa chi rappresenta lo Stato. Siamo al punto più basso per diversi motivi: dal 2018 a oggi ho incontrato 5 presidenti del Consiglio. Ognuno di questi signori porta un ministro dello Sport diverso e ogni volta ricominci tutto da capo e se ti va benissimo trovi un interlocutore che sa qualcosa, molti di loro però arrivano da altri mondi. E nella migliore delle ipotesi questo signore non è prevenuto nei confronti di quello che è stato fatto prima. Il problema non è lo stadio in Italia, ma il tutto. Dal 1956 non c’è un palazzo dello sport. Altro problema sono le proprietà delle società perché devi essere sicuro che chi la compra porti avanti il progetto”.

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