Serie A

Inter, capo ultras Curva Nord Ferdico: “Gestire la curva è come gestire un’azienda”

Tifosi Curva Nord Inter, San Siro - Foto Antonio Fraioli
Tifosi Curva Nord Inter, San Siro - Foto Antonio Fraioli

“La Curva Nord è il tifo organizzato interista. Ha una storia lunga 55 anni. Parliamo di 7.600 persone. Lo zoccolo duro, il direttivo e i volontari per le nostre iniziative e la realizzazione delle coreografie, sono almeno 300 ragazzi. È totalmente autofinanziata, non c’è nessun aiuto per le coreografie né per quanto riguarda i viaggi in trasferta. I soldi sono per le coreografie, per pagare gli avvocati, per organizzare le trasferte…”. E’ uno dei passaggi dell’intervista di Marco Ferdico, capo della Curva Nord degli ultras dell’Inter, al Corriere della Sera: “Quelle grandi, sui tre anelli dello stadio, hanno un costo dai 15 ai 18 mila euro. In un anno possono essere da cinque a dieci, in base alle partite: quasi 200 mila euro. Per legge la società con noi non può fare alcun tipo di accordo o di affare. C’è un rimborso per le spese per i membri del direttivo. Per me è come un secondo lavoro, io mi occupo di servizi di lusso per turisti a Ibiza. La gestione della curva oggi è come quella di una azienda. I soldi sono fatturati: le spese per i teli, per le vernici…”.

Sul caso Dimarco dello scorso anno con gli sfottò al Milan e le minacce subite dagli ultras rossoneri: “Non sapeva che avevamo stretto un accordo con i capi della curva rossonera: basta parlare di scontri o incidenti. Il coro non veniva più cantato. E allo stesso modo i milanisti hanno rinunciato ad altri cori contro di noi. La reazione dei milanisti è stata certamente esagerata, ma tutto è tornato nella normalità”.

Sul rapporto tra curva e criminalità: “In curva non c’è spaccio di droga. Certamente ci sarà qualcuno che ne fa uso. Parcheggi? Paninari? Possiamo garantire che la curva non ha alcun rapporto con tutto questo. La violenza è una componente del mondo ultras. Lo era soprattutto nel passato, ma non ci nascondiamo dietro a un dito. È così. Però immaginare oggi quel che succedeva negli anni Ottanta sarebbe autodistruttivo. Una guerra ogni domenica. Stiamo cercando di fare un lavoro costruttivo con i ragazzi. Non è facile tenere a bada una curva di 6-7 mila persone. Ci sono ragazzi più esuberanti che magari cercano lo scontro, ma una cosa deve essere chiara: un conto è attaccare, uno è difendersi. Se si viene a Milano ad attaccare i tifosi, ovviamente c’è una reazione. È successo anche in Inter-Juve. In curva ci sono ragazzi con problemi con la giustizia, ma anche laureati. Non generalizziamo. Certo, serve leadership per guidare così tante persone con teste così diverse. E magari chi ha fatto un percorso “dalla strada” è avvantaggiato”.

Infine, sull’imminente scudetto: “Nessun problema a festeggiare in casa del Milan, vedrete. C’è grande rispetto. C’è un patto di non belligeranza che va avanti da 40 anni. È una garanzia per tutti. Ci si incontra, ci si confronta. Milano sarebbe un campo di battaglia. A volte anche per chiarire piccoli screzi, come il caso Dimarco o magari scritte sui muri, liti di qualche ragazzo in discoteca… Per scaramanzia diciamo che non abbiamo ancora preparato nulla per lo scudetto. Diciamo che sarà una giornata di grande festa per tutti gli interisti. Coloreremo la città. La festa poi sarà a fine stagione: tre giorni all’Idroscalo. Ci stiamo lavorando. Quest’anno è facile supportare l’Inter? Noi ci siamo anche quando le cose non vanno bene. Abbiamo seguito la squadra a Riad, per la Supercoppa. Unica curva in Arabia”.

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