Serie A

Il primo titolo nazionale (nei top 5 campionati) di Mkhitaryan: un regalo a zero della Premier League alla Serie A

Henrikh Mkhitaryan
Henrikh Mkhitaryan, Inter - Foto LiveMedia/Nderim Kaceli

Il più elegante tra i gregari. O il più operaio tra gli artisti. Le due anime di Henrikh Mkhitaryan sono la sua forza. E sono la forza delle squadre che hanno avuto la fortuna di poter contare sulla qualità di un atleta che nel calcio difficilmente passa inosservato. Non solo perché parla (bene) sette lingue e ha fatto della professionalità un tratto distintivo ovunque sia andato, ma anche perché si fa fatica a trovare un difetto all’armeno. Anzi, giudicando la sua esperienza italiana, tra Roma e Inter, viene quasi da chiedersi perché la Premier League lo abbia lasciato andare con questa facilità (l’Arsenal lo cedette ai giallorossi prima in prestito oneroso e poi a parametro zero). Mkhitaryan ha qualità tecniche di alto livello, si sacrifica in fase di copertura, sa interpretare più ruoli (con successo ha fatto anche il regista), segna e serve assist. Lo Scudetto della seconda stella dell’Inter è il suo primo titolo nazionale in uno delle top 5 leghe, insieme a sette campionati vinti tra Armenia e Ucraina, e nel complesso è il trofeo più importante di una ricca bacheca da 23 coppe (in nerazzurro anche due Supercoppe italiane e una Coppa Italia). A Roma ha raggiunto due semifinali europee e ha vinto la Conference League in una finale che lo vide uscire nel primo tempo per infortunio. Nella Capitale i problemi fisici hanno spesso condizionato il suo rendimento, mentre a Milano, sponda nerazzurra, è riuscito ad offrire continuità. In questa stagione l’armeno ha giocato da titolare trentadue partite su trentatré, senza mai saltare un impegno di campionato. Solo una volta è rimasto in panchina per 90′ nell’annata in corso: nel 3-3 contro il Benfica nel girone di Champions League e forse non è un caso che senza di lui i nerazzurri abbiano faticato enormemente al ‘da Luz’. Il futuro non è in discussione. Mkhitaryan ha firmato un rinnovo contrattuale fino al 2026, un accordo forse a vita, visto che a 37 anni l’armeno difficilmente troverà spazio in un’altra big europea. Per ora però le garanzie fisiche ci sono, la classe non è sfumata e la centralità nel progetto è blindata. La sensazione è che Davide Frattesi debba aspettare ancora per sperare di avere un posto da titolare inamovibile in un centrocampo che funziona a memoria.

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