Calcio

Il calcio italiano e il problema stadi: cosa manca ai nostri impianti per ambire a un livello internazionale?

Stadio Franchi
Stadio Franchi - Foto LiveMedia/Lisa Guglielmi

Spesso in Italia si parla di quanto siano carenti oppure obsolete le infrastrutture ad uso sportivo, sottolineando come i criteri di costruzione del passato vadano in conflitto con le esigenze di un calcio in costante evoluzione. In questo approfondimento andremo ad analizzare nel dettaglio parecchi aspetti della questione, sottolineando la forte necessità di strutture più moderne nel nostro paese, per restare in linea con gli standard europei, in vista degli Europei di calcio del 2032, assegnati a Italia e Turchia.

IMPIANTI POCO FUNZIONALI – Uno dei difetti più grandi degli impianti del bel paese è sicuramente la mancanza di funzionalità. Il calcio d’oggi infatti spinge verso l’offrire ai tifosi tutte le comodità possibili durante gli eventi a cui devono assistere. Field Box, ad esempio, per un’esperienza diversa vicino ai propri beniamini o aree ristoro dove i supporters possono passare il proprio tempo prima dei match o durante l’intervallo. A questo ci sta pensando lo Spezia, con un progetto che propone il rifacimento delle strutture poste nel retro della tribuna, sedute più confortevoli a scapito della capienza e uno stadio senza barriere, volto a far sentire ancora di più la presenza dei propri tifosi.

VINCOLI E ARCHITETTURA – Lo Spezia, come tante realtà, anche più blasonate, stanno avendo non poche difficoltà con le proprie strutture. L’Atalanta non ha potuto modificare la propria tribuna per vincoli storici, ma solo le due curve. Il Cagliari, invece, disputa le proprie partite in uno stadio provvisorio in attesa che la macchina burocratica avvii la demolizione del vecchio Sant’Elia. Non per ultima, la Fiorentina, che ha rimandato per ora le gare d’appalto per la ristrutturazione dell’Artemio Franchi alla fine delle prossime elezioni comunali. Poi vi sono gli stadi con carenze strutturali note come San Siro, che ha dovuto stabilizzare il terzo anello limitandone i posti, o stadi che non offrono una visibilità ottimale, presentando una discutibile pista d’atletica. Gli esempi sono molti, dai più piccoli come il Castellani di Empoli ai più iconici come l’Olimpico di Roma e il Maradona di Napoli. Dunque, non un bel biglietto da visita in vista di Euro 2032 che si disputerà tra Italia e Turchia.

NUOVI STADI E PROGETTI AMBIZIOSI Di pochi giorni fa è invece la notizia del via libera per la costruzione del nuovo stadio del Milan, in zona San Donato Milanese, quindi fuori dall’area del comune di Milano. Una scelta che accontenta i piani alti del club ma che divide i tifosi: chi favorevole a un progetto così importante e futuristico e chi scettico per via dell’ubicazione che suona come una sorta di esilio dalla città che rappresentano. L’impianto di San Donato non sarebbe di certo il primo in Italia ad essere completamente di proprietà del club ma farebbe comunque parte di un cerchio davvero ristretto. Di fatto le proprietà cercano molto spesso accordi con i comuni per effettuare rinnovamenti all’impianto già esistente per evitare operazioni molto debilitanti per le casse dei club. Ne è l’esempio più proficuo il partenariato tra il Bologna e il proprio comune che nei prossimi otto anni si impegneranno nel migliorare lo stadio Dall’Ara ed effettuare la copertura della totalità dei settori. Insomma massima serie fino alla C e alla D disponiamo di proprietari facoltosi e ambiziosi ma che spesso si ritrovano addirittura costretti a fare marcia indietro a causa della burocrazia opprimente presente in Italia e di qualche primo cittadino riluttante.

PROSPETTIVE FUTURE – In conclusione, in Italia siamo purtroppo “campioni di rendering”, un titolo che non ci meritiamo ma che purtroppo rispecchia la situazione politica del paese. Un paese stupendo, con lo sport in generale che è un’eccellenza di cui andare fieri, nonostante tutte le carenze negli impianti e le difficoltà che si incontrano se si vuole investire in questo settore. Ciò che manca al nostro paese di certo non sono la volontà e le persone che la possiedono, bensì l’interesse veritiero della controparte statale. Una situazione spinosa che fa discutere e riflettere e che terrà banco negli anni a venire…

Lo sport non è primario solo quando porta lustro e risultati. Lo sport è primario quanto la scuola, è un paracadute sociale, un impegno e un’opportunità. Non merita tutto questo” Giorgio Lamberti, Presidente AGISI (Associazione Gestori Impianti Sportivi Italiani)

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