
Valentino Rossi lascia i tifosi senza parole raccontato il terribile infortunio: il pilota di Tavullia dice tutto su quel che è successo
Si guarda ad un pilota, a maggior ragione ad un pilota di MotoGP, come una sorta di supereroe moderno che va in pista senza paura. Pensi a Valentino Rossi, ancora oggi simbolo del motociclismo, e te lo immagini lì in sella alla sua moto sprezzante del pericolo. Vero? Sì, ma fino ad un certo punto perché lo stesso ‘Dottore’, uno dei soprannomi di quando correva su due ruote, racconta che anche i piloti possono avere paura.
Rossi lo spiega nel corso della lunga chiacchierata con Giacomo Poretti nel suo podcast PoretCast. Una chiacchiera nella quale Valentino svela le paure di un pilota, di come si affronta il rischio che è sempre molto alto quando si corre a 300 km/h su due ruote, di come cambiano i pensieri con il passare degli anni e di come gli infortuni stravolgono poi tutta la prospettiva di come si vivono le gare.
“La moto è uno sport molto pericoloso che fa paura, però quando sei piccolo e giovane, magari fino a 30 anni – racconta Valentino Rossi – non ci pensi. Nei primi anni non pensi a quello che potrebbe succedere: la paura è quella di sbagliare, non di altre cose“. Poi però si cresce ed allora tutto cambia, soprattutto quando si affrontano infortuni più o meno gravi.
Rossi e l’infortunio alla gamba: “Un chiodo nella tibia”
Al contrario di ciò che si pensa, la paura fa parte del mondo del motociclismo e ne fa parte soprattutto quando si inizia a crescere e si iniziano a fare certi ragionamenti.

“Qualcosa succede ad un certo punto – spiega ancora Rossi – diventi grande e inizi a pensare: se cado nei primi due giorni, ci sono tutti dietro, devo stare più attento. In moto essere coraggiosi fa la differenza, ma le cose vengono da sole“. Una cosa del genere è capitata al nove volte campione del mondo nel 2010, con l’infortunio alla gamba che lo ha portato sotto i ferri.
“Il primo infortunio grande è stato nel 2010, mi sono rotto una gamba. Quando succede, ti mettono un chiodo nella tibia: te la rimettono dritta – il racconto particolareggiato di Rossi – e con un martello ti inseriscono il chiodo e lo chiudono con le viti, sia sopra che sotto“. Una cosa a cui non puoi non pensare perché “poi corri con questo ferro dentro la gamba e se succede qualcosa…”