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Caso d’Onofrio, le motivazioni della sentenza Trentalange: secondo i giudici non c’erano segnali d’allarme

Alfredo Trentalange
Alfredo Trentalange - Foto AIA

I giudici del Tribunale federale nazionale della Figc hanno motivato la decisione di condannare a 3 mesi di inibizione (contro i 6 richiesti dalla Procura Figc) Franco Trentalange. L’ex numero uno dell’Aia è stato infatti coinvolto nel caso D’Onofrio, ex procuratore capo dell’Associazione italiana arbitri arrestato per spaccio internazionale di droga.

Trentalange avrebbe potuto assumere qualsiasi iniziativa volta ad accertare i reali requisiti professionali e di moralità del sig. Rosario D’Onofrio. Tuttavia non è addebitabile al Dott. Trentalange non aver verificato l’assenza di precedenti penali o comunque di pendenze del nominando Procuratore Nazionale. Lo stesso ex Presidente AIA, Dott. Nicchi, in fase di indagini ha confermato che, prima della nomina a Procuratore AIA, non vi fossero “rumors” sulla persona del D’Onofrio. Non pare potersi affermare la sussistenza di segnali d’allarme che avrebbero dovuto essere percepiti o rilevati dal Presidente Trentalange secondo ordinaria diligenza” spiegano i giudici.

Gli unici due capi d’imputazione ancora in ballo sono ‘a.’ “per non aver adottato modelli organizzativi idonei a prevenire il compimento – da parte del sig. Rosario D’Onofrio – di atti contrari ai principi di lealtà, correttezza e probità” ed ‘e.’ “per non aver adottato modelli organizzativi idonei a prevenire il compimento – da parte del sig. Rosario D’Onofrio – di atti contrari ai principi di lealtà, correttezza e probità”.

Valutate tutte le rilevanti circostanze fattuali, e considerate natura e gravità dei fatti contestati, nei limiti dei capi a) ed e) dell’atto di deferimento, il Tribunale ritiene equa la condanna del deferito alla sanzione di mesi tre di inibizione” concludono i giudici.

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