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Da Stoccarda, Giulio Gasparin
Domani al WTA di Stoccarda ci sarà una finale tutta tedesca, ma a raggiungere il volto più noto del tennis di Germania non è uno noto come quello di Andrea Petkovic o delle altre ragazze della Fed Cup. Contro Angelique Kerber domani scenderà in campo una sua coetanea, Laura Siegemund, promessa del tennis tedesco data per persa ancora prima che potesse esplodere a livello junior, che in questa settimana sta vivendo una vera e propria favola.
Classe 1988, la Siegemund a 12 anni vinceva l’Orange Bowl a meno di un anno dal ritiro di Steffi Graf dal mondo del tennis ed improvvisamente su di lei si mettevano gli occhi di tantissimi esperti del settore in Germania e non solo. La carriera da junior però non ha seguito le aspettative di quell’enorme successo e poi anche la transizione verso il mondo dei tornei ITF non si è dimostrata semplice per la ragazza di Filderstadt, a pochi chilometri da Stoccarda. Il primo titolo lo è riuscita a conquistare solo nel 2006 e si è trattato di un torneo da $10k, che sarebbe stato l’unico per i successivi 5 anni, come oppressa da un nome che porta in sé la stigmate della parola vittoria (Siege in tedesco si traduce appunto così).
Troppo minuta per un tennis di potenza, la Siegemund non riusciva a trovare la giusta combinazione tra la difesa e l’uso delle sue ottime capacità di tocco e ben presto si trovò imprigionata nel limbo del mondo dei tornei ITF di media fascia, con un ranking che per anni ha continuato ad oscillare a cavallo della 300ima posizione.
Poi un brutto infortunio ai legamenti del ginocchio l’ha obbligata ad allontanarsi dal tennis ed oggi, a distanza di alcuni anni, ha capito che è stata quella la sua svolta: nel tempo passato lontano dai campi da gioco ha cominciato a studiare psicologia e conseguito il diploma di allenatrice con la federazione tedesca di tennis. La serietà dell’infortunio e le nuove porte che si stavano aprendo nella sua vita l’avevano convinta che il tennis professionistico avrebbe cominciato ad occupare un spazio sempre più esiguo nella sua vita, ma non poteva sbagliarsi di più.
Il 2014 ha segnato l’inizio della sua ascesa: una nuova consapevolezza di sé stessa e del proprio gioco l’ha spinta per la prima volta tra le prime 200 del mondo all’età di ventisei anni, ma il meglio doveva ancora arrivare. In questo periodo lo scorso anno, la Siegemund cominciava a cullare il sogno di entrare tra le prime 100 del mondo e con una programmazione ambiziosa si qualificava al tabellone principale del WTA International di Marrakech. Qualcuno si ricorderà il suo match di secondo turno contro Flavia Pennetta, quando a colpi di palle corte era stata avanti di un set sulla futura campionessa degli US Open.
La svolta vera è propria è arrivata però sull’erba di Wimbledon, quando partendo dalle qualificazioni è giunta al primo tabellone principale della sua carriera e a quel punto, pur perdendo al primo turno da Svetlana Kuznetsova, ha capito che quello era il suo posto. Nel mentre sono arrivati anche i primi titoli in doppio a livello WTA e in autunno la prima vittoria su una tennista tra le prime 10 del mondo, anche se per ritiro, contro Timea Bacsinszky in Lussemburgo.
“Durante l’inverno forse non sono riuscita a fare la preparazione che avrei voluto, perché ho deciso di restare a casa e lavorare alla mia tesi triennale in psicologia,” ha spiegato la tennista di Filderstadt: “forse sarebbe stato meglio andare da qualche parte al caldo e al sole, ma ho scelto di essere dove volevo essere, a casa. Ho capito che a volte è meglio sacrificare qualche allenamento e vedere un amico, bere un caffè o passare del tempo con la propria famiglia: alla fine la serenità mentale è un aspetto cruciale e se inizi la stagione già stressato non può andare bene.”
Al contrario, la tedesca ha iniziato alla grande, trovando il primo terzo turno della sua carriera in uno slam, seguito qualche settimana fa da un ottimo quarto di finale al WTA Premier di Charleston. Poi partendo dalle qualificazioni è iniziata la sua favola: qualificatasi in grande stile, senza perdere nemmeno un set, la Siegemund ha lasciato solo le briciole ad avversari di caratura assoluta anche nel tabellone principale. L’unica che è andata vicino a vincerle un set è stata Anastasia Pavlyuchenkova, che ha servito per chiudere il secondo set sul 5-3, poi perdendo 6-0 7-5. I risultati parlano da sé: 6-1 6-2 a Simona Halep, 6-1 6-4 a Roberta Vinci e oggi 6-4 6-2 ad Agnieszka Radwanska.
“Durante tutta la settimana sto pensando più a me che a chi ho di fronte e quello che ho attorno,” ha spiegato nella sua ricetta per questo torneo stupendo. “Sto cercando di concentrarmi sulle piccole cose e non su tutto quello che mi circonda: il pubblico, le vittorie, i messaggi di congratulazioni. Sono tutte cose bellissime, ma penso me le godrò meglio a fine torneo, perché ogni giorno c’è un match nuovo, un nuovo avversario ed è come ricominciare da zero ogni volta.”
Certamente lo studio in psicologia ha aiutato, con una tesi dal titolo d’impatto e che molti sportivi conoscono anche troppo bene: ‘crollare ad un passo dal traguardo sotto pressione.’ Scherzando ha detto che ce l’avrebbe fatta leggere, ma che al momento è disponibile solo in tedesco. Ma qualunque sia il contenuto, è evidente che questo studio l’ha aiutata: “ora so che quando vado a servire per chiudere un match ho sempre con me una strategia, so leggere il momento e decidere cosa fare. Oggi contro Radwanska sapevo di essere sulla cresta dell’onda e mi sono semplicemente lasciata trasportare dal momento, ma se fossi stata sul 5-5 avrei avuto un piano a cui affidarmi per ogni punto.” Ed è infatti l’impressione che sia una top player quella che cammina in campo la cosa che più colpisce: la sicurezza nel suo portamento, i colpi rischiosi ma ben pensati che non fanno pensare ad incoscienza ma a folle genialità, la calma tra un punto e l’altro, tutto riflette fiducia e spaventa chi se la trova di fronte.
“In finale penserò soltanto a godermi il momento, chissà se mai mi ricapiterà,” ha detto con un mezzo scherzo, che però nasconde la verità che comunque vada in finale lei ha già vinto, ma non per questo non ci proverà fino in fondo.
Ed infine, segno assoluto della maturità raggiunta da questa ragazza, la cui storia ha molto da insegnare al di là della favola che sta vivendo questa settimana: “la differenza tra un campione ed un talento? In tutti questi anni ho capito che per essere un campione non basta solo il talento, per esempio io da piccola avevo tanto talento, e non basta nemmeno lavorare duramente. Per essere un campione bisogna combinare tante cose, dall’alimentazione, al relazionarsi con i media, la pressione, le sconfitte… un campione sa essere un campione anche nelle giornate in cui tutto va male.”