Interviste Esclusive

ESCLUSIVA – Filippo Macchi: “Garozzo il mio idolo, a Parigi si tirerà anche per lui”

Filippo Macchi
Filippo Macchi - Foto LiveMedia/Claudio Benedetto

Cresciuto a ‘pane e scherma’ e con il sogno dell’esordio olimpico sempre più vicino a concretizzarsi. Filippo Macchi scalpita, diviso a metà tra realismo e scaramanzia. “Finché non vengono diramate le convocazioni… – ammette il fiorettista azzurro in un’intervista esclusiva a Sportface.it – ma la stagione è andata molto bene, inutile nascondersi. Comunque, abbiamo il miglior Ct al mondo e le valutazioni saranno le sue su chi disputerà l’individuale, la gara a squadre o entrambe”. Il condizionale, per il momento, è d’obbligo ma i Giochi sono nel suo destino. Nipote di Carlo Macchi, fondatore del Circolo di Navacchio e a lungo figura centrale nella Federazione italiana della scherma, Filippo – classe 2001 – ripercorre le tappe della sua giovane carriera. “Ripensando a due anni fa, in pochissimi avrebbero puntato su questo traguardo a 23 anni non ancora compiuti – spiega – Vivrò questo avvicinamento con un po’ di tensione, come giusto che sia, e poi spero di poter godere di ogni momento, sin dalla partenza”

Nei due anni che hai citato cos’è cambiato?
Agosto 2021, durante l’Olimpiade di Tokyo ero in servizio per le Fiamme Oro, il mio gruppo sportivo, come operatore al Lido a Maccarese. Ricordo che tutti che guardavano i Giochi e mi son detto “Io voglio essere lì, voglio che la gente guardi me e si ricordi di me”. Tornato a casa, mi sono allenato con un’ottica diversa, senza tirarmi indietro e i risultati non hanno tardato ad arrivare. Ringrazio comunque le Fiamme Oro per quello che fa per me e per tutti gli altri atleti. Ci fu anche un bel siparietto in quell’occasione con il nostro capo, il dottor Montini. Gli dissi di ricordarsi del mio nome e mi rispose “Vediamo se me lo farai ricordare te”. Dopo la vittoria dell’Europeo mi telefonò e mi disse: “Ci sei riuscito.

La scherma è sempre stata presente nella tua famiglia, non c’è mai stato il rischio di sviluppare una forma di rifiuto per questo sport?
La scherma mi ha dato tantissimo e ne sono follemente innamorato. In realtà ho altri due fratelli che non praticano scherma ma la apprezzano comunque: uno è nella Primavera della Lucchese, il più piccolo gioca a tennis. Devo essere sincero, la mia famiglia è stata bravissima. Ci è stato “imposto” di fare sport perché conoscevano benissimo il valore educativo e formativo, ma senza forzare sul tipo di disciplina da praticare. Io ho iniziato col karate, poi ho giocato a calcio e infine mi son buttato sulla scherma poiché non potevo togliere così tanto tempo all’istruzione praticando due sport diversi.

Della scherma cosa ti ha stregato?
Sarò sincero, nel calcio era più difficile emergere mentre nella scherma stavo andando bene. Sono sempre stato un ragazzo ambizioso, volevo arrivare al top. Sulla scelta dell’arma, invece, non c’è stato alcun dubbio: mio nonno era maestro di fioretto. Ho provato anche spada e sciabola ma sinceramente non c’è paragone, evidentemente il fioretto è nel nostro sangue.

Il fioretto maschile è sempre competitivo ad altissimi livelli e a Cracovia è arrivato l’oro europeo a squadre.
Abbiamo una squadra fortissima e siamo sempre l’uno a fianco dell’altro, pronti a supportarci. Purtroppo recentemente abbiamo incassato la notizia di Garozzo, il nostro capitano, una figura fondamentale. Tutti siamo molto legati a lui, io particolarmente: per me è stato fonte d’ispirazione, un idolo. La mia voglia di lavorare è cambiata molto dopo aver visto la sua dedizione. A Parigi si tirerà anche per lui, mi auguro che venga lo stesso a fare il tifo: è parte di noi e della nostra squadra, un Campione non solo con la C maiuscola ma con tutte le lettere.

A Plovdiv è arrivato invece l’oro individuale dopo una grande rimonta.
Qualche mese prima, a Torino, avevo centrato il mio primo podio in Coppa del Mondo ma ho perso in finale dopo aver condotto per 14-11. Agli Europei, invece, è stato il contrario: ero sotto di tre stoccate e ho vinto 15-14. Vincere ti ripaga di tutti i sacrifici compiuti per arrivare a questi traguardi.

A Parigi la scherma sarà rappresentata anche dalla portabandiera Arianna Errigo. Qual è il tuo rapporto con lei?
Nella scherma tra uomini e donne c’è poca distinzione: a parte qualche gara in posti diversi, passiamo tantissimo tempo insieme tra allenamenti e ritiri. Sono contentissimo per lei, è una campionessa incredibile: non c’è bisogno di presentare il suo palmares. È un’atleta fantastica e una mamma spettacolare, perché vedo come si comporta con Stefano e Mirea, i due piccoletti sempre al seguito. È uno degli emblemi del nostro sport, più che giusto concederle l’onore e onere di questo compito.

E Arianna come ha reagito alla notizia?
Ha detto che non se l’aspettava, fortunatamente l’Italia vanta tantissimi campioni. Anche nel maschile c’è stato fino all’ultimo il ballottaggio. Mi ha raccontato di aver accolto la notizia con un pianto, penso che per la nazione sia un qualcosa che faccia venire la pelle d’oca solo al pensiero: rappresenti tutti gli atleti del Paese, anche quelli che sono a casa.

Passate tanto insieme ma spesso in pedana capita di confrontarsi l’uno contro l’altro. Come si affrontano i ‘derby’?
Siamo in tanti sul circuito, in 12 a disputare le gare di Coppa del Mondo. Alcuni forti tanto quanto noi spesso rimangono a casa perché non ci sono posti disponibili. Di sorprese, a livello di colpi tirati fuori dal cilindro, non ce ne sono molte. Ma il risultato non è mai scontato anche se ci conosciamo bene. Ovviamente, ci sono legami più o meno forti. La difficoltà consiste nel tenere a bada le emozioni, in pedana bisogna darsele di santa ragione ma quando ci si toglie la maschera, che si vinca o si perda, si continua a sostenere il proprio compagno.

Hai qualche ‘bestia nera’ sul circuito?
Ho imparato negli anni che non bisogna aver paura di nessuno, posso vincere e perdere contro tutti: ci sono tantissimi atleti forti, non ho mai sottovalutato nessuno e mai lo farò, gli assalti finiscono sempre a 15.

Con chi condividi la stanza di solito nelle trasferte?
Tra Hong Kong e Shanghai c’è stato un po’ di caos e qualche cambio: solitamente Foconi era con Dani (Garozzo, ndr), mentre io ero con Marini. Io e Tommy siamo anche molto amici, c’è un bel legame e ci troviamo molto bene insieme.

Anche la tua fidanzata, Giulia Amore, è una fiorettista: com’è lo storico degli scontri diretti contro di lei?
Ci conosciamo da tantissimo tempo, anche i nostri genitori sono amici. Contro di lei poche volte l’ho vinta, si sa come funziona con le donne… La cosa bella è che ci capiamo al volo facendo parte dello stesso mondo, è un qualcosa di positivo per un rapporto.

Inoltre sei legatissimo alla tua città, Pisa, e alla sua squadra di calcio.
Sono un grandissimo appassionato di sport in generale, nel calcio il mio cuore è spezzato in due con le squadre nerazzurre: il Pisa per le mie origini e l’Inter per una passione di famiglia. Quando posso cerco sempre di andare allo Stadio, prima ero abbastanza di frequente in Curva, adesso per star più tranquillo e comodo scelgo la tribuna.

E la Fiorentina in finale di Conference si sostiene o si ‘gufa’?
Questa è difficile… Anche qui sono diviso a metà (ride, ndr). Facciamo che vincono, però soffrendo.

Nel tempo libero hai qualche altra passione da coltivare?
Da novembre ho iniziato delle lezioni di inglese, una lingua che vorrei padroneggiare al meglio. Inoltre, vorrei arrivare alla fine della mia carriera con un titolo universitario. L’anno scorso ho fatto la rinuncia agli studi in Scienze Giuridiche, ora probabilmente mi butterei più su qualcosa legato all’Economia e Management, anche per rimanere in ambito sportivo. Mi appassiona parecchio l’argomento della divulgazione dello sport.

Prima hai detto che sei un grande appassionato di sport. A Parigi cosa sceglieresti di guardare dal vivo, avendone l’occasione?
Il basket, perché gli Usa saranno al completo. E poi l’atletica, oltre la scherma dove tiferò i compagni in tutte le armi.

SportFace