Formula 1

In Ungheria dominio record di Verstappen e Red Bull. La Ferrari cola a picco, il passo gara non va

Leclerc e Sainz
Leclerc e Sainz - Foto LiveMedia/Florent Gooden/DPPI

Distacchi siderali, una curva per vincere un Gran Premio, dodici vittorie di fila ed è record assoluto e undici su undici in questo Mondiale. La Red Bull vola, distrugge ancora la concorrenza, Verstappen fa sette di fila e nove in stagione. E’ il più importante dominio degli ultimi decenni, tecnico, di strategie, di concetto. Il team austriaco anche in Ungheria si prende la vittoria, lo fa ovviamente con l’olandese, e si gode un ritrovato Perez che rimonta fino a salire sul podio. A questo punto, quando siamo al giro di boa, vista la manifesta superiorità su ogni tipo di pista, ci chiediamo come possa questa vettura (e questo pilota) non vincere la restante metà delle gare.

Magari qualche volta non arriverà la pole, ma se basta una curva per infilare Hamilton e poi infliggere 33 secondi a fine gara al secondo classificato, un ottimo Lando Norris con la McLaren che è riuscita a divenire seconda forza del Mondiale in un paio di gare, è tutto davvero troppo facile. Onore a Red Bull, onore a Verstappen, che dimostra di essere un fuoriclasse quando decide di spingere e di girare in 1.20.504, qualcosa di mostruoso. E agli altri, restano solo le briciole: possono ritenersi soddisfatti in casa McLaren, visto il secondo e quinto posto con Norris e un Piastri sempre più maturo, può farlo anche la Mercedes, seconda forza tutto sommato e comunque in crescita e capace di gestire bene le gomme, con Hamilton ingenuo al pronti-via ma poi consistente e quarto al traguardo, e Russell che rimonta fino alla sesta piazza.

C’è però una Ferrari alla quale non restano nemmeno le briciole. Digiuno totale, progetto sempre più fallimentare, difficoltà evidenti appena si arriva in doppia cifra di giri con la stessa gomma. Il passo gara, specie con medie e hard, è un disastro rispetto ai competitor, che ovviamente al contrario dell’anno scorso non includono la Red Bull: Charles Leclerc ha perso in media quasi tre decimi al giro rispetto a McLaren e Mercedes (quasi quaranta secondi da Norris all’arrivo, circa trenta da Hamilton, ci si potrebbe fermare qui), e così come Sainz non andavano poi particolarmente più veloci, specie nella seconda parte della gara magiara, rispetto all’Aston Martin. Quarta forza del Mondiale, e infatti arriva un settimo e ottavo posto su quella che sulla carta doveva essere una pista amica.

Ma nessun circuito al momento sembra esaltare le caratteristiche di una monoposto che fa fatica in gara e che deve massimizzare in qualifica per avvicinarsi alla zona podio. Ora c’è subito Spa per trovare l’immediato riscatto, poi un mese di vacanza in cui bisognerà invece lavorare sodo per non deludere quantomeno il pubblico di Monza. E se proprio la vettura non riuscirà a fare quel salto di qualità, allora l’imperativo categorico è quello di azzerare l’errore umano. Ce ne sono stati troppi: già in qualifica con Sainz e in parte con lo stesso Leclerc e i suoi errorini nell’ultimo tentativo lanciato, poi in gara sempre col monegasco, prima incolpevole sul pit-stop in cui i problemi con la pistola hanno fatto perdere circa sette secondi, poi con gli altri cinque di penalità inflitti per l’errore del classe 1997, inaccettabile in F1, al rientro ai box. Poteva arrivare un quinto posto, sarebbe stata una magrissima consolazione. Invece, P7e P8, un dramma sportivo che lascia già intendere che probabilmente si pensa già al 2024, ed è il solito refrain.

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