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Basket, NBA: Chris Andersen, una carriera di eccessi

Chris Andersen - Foto Paquino CC BY-SA 4.0

A primo impatto, per chi non seguisse l’NBA, questo ragazzo potrebbe sembrare un “biker” qualunque che con la sua Harley Davidson e i tatuaggi percorre le strade più deserte degli Stati Uniti. In un certo senso è cosi, ma la realtà è che Chris Andersen è un cestista con una storia che merita di essere raccontata. Nasce a Long Beach, in California, il 7 luglio 1978 da sua madre Linda e suo padre Claus. Quest’ultimo non molto attratto dalla vita di famiglia, decide di abbandonare la moglie e i figli per inseguire il sogno di diventare pittore, traferendosi a New York. Il tutto accadde dopo un primo spostamento per andare a vivere in un paesino sperduto nelle vicinanze di Houston (Chris e la madre poco dopo scopriranno che fu tutto pianificato dal padre per evitare le leggi di mantenimento californiane). La casa fu costruita grazie anche allo zio James, che aiutò la sorella ad allevare il bestiame e a creare un granaio efficiente. Il piccolo Andersen quindi crebbe tra il fieno, gli animali e un piccolo canestro cigolante, che lo fece innamorare della palla a spicchi.

La carriera da cestista professionista inizia diversamente da molti altri suoi futuri colleghi. Nel 1999 si dichiara eleggibile nel Draft NBA, ma non viene selezionato. Decide quindi di trasferirsi in Cina, dove inizia a coltivare la passione per i tatuaggi e a giocare per i Jiangsu Dragons. L’avventura asiatica però dura poco e il ritorno negli States è imminente. Qui ritroverà la fortuna, perchè dopo due stagioni nei New Mexico Slam di Albuquerque, verrà ingaggiato dai Denver Nuggets, dove riuscirà a mostrare tutte le sue doti fisiche e difensive, meritandosi il soprannome “Birdman” (nato grazie alla sua esultanza in cui imita le ali di un’aquila dopo una stoppata o un canestro). Chris Andersen nella massima lega riesce a farsi valere e dopo tre anni passa agli Hornets, dove comincerà il suo incubo.

Chris è sempre stato uno spirito libero, un po’ come i suoi genitori. Forse questo suo modo di intendere la vita, insieme al grande successo ottenuto e l’enorme quantità di denaro guadagnato, ha portato il ragazzo di Long Beach ad un eccesso, che lo ha messo davanti ad un bivio. Nel 2006 Andersen viene squalificato dalla NBA per “abuso di droga”, verrà trovato positivo a sostanze come metanfetamina, cocaina ed eroina. Questa squalifica, durata due anni, sarà ciò che gli salverà la vita. Insieme alla madre riuscirà a tornare “The Birdman”, facendo ritorno nella franchigia di Denver.

Molto spesso lo spirito di rivalsa può portare a risultati straordinari, a volte anche impensabili, come quelli di Chris: nel 2013 viene ingaggiato dai Miami Heat, dove vincerà il suo primo ed unico titolo, risultando fondamentale nelle Finals (nonostante una squalifica in gara 6 dovuta ad un fallo antisportivo). Questo senz’altro sarà il punto più alto della carriera di un cestista, non elegante e “bello” da vedere, ma efficace e conosciuto da tutti per i suoi eccessi sia fuori che dentro il campo. Dopo un grave infortunio ricevuto durante la sua stagione a Cleveland, oggi Andersen è “free agent”. Forse questo è il capolinea della sua carriera, ma se dovesse recuperare con successo, Birdman potrebbe far comodo ancora a qualche squadra.

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