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Sara Errani positiva all’antidoping. È questa la notizia principale della mattina di lunedì 7 agosto, un gancio sotto al mento che colpisce gli appassionati ancora rintronati dall’ennesima nottata in preda all’infernale caldo. Ma in quanti hanno effettivamente letto tutto ciò che c’era da leggere senza soffermarsi al titolo, in un modo di fare sempre più diffuso? È bastato davvero poco per attivare la macchina del fango sulle fragili spalle di Sara, quasi non si aspettasse altro per puntarle il dito contro.
Pronti, via e dal nulla sono sorte le congetture più fantasiose. La più pesante riguarda la presunta collaborazione col dottore del Moral, indagato per aver gestito il doping di squadra di Lance Armstrong. Un fatto risalente al 2012 dopo l’indiscrezione apparsa sulle colonne del Wall Street Journal durante il periodo migliore della carriera dell’azzurra, per altro archiviato con le parole del fratello Davide: “A Sara serviva un esame cardiaco, il nostro medico era in ferie”. Chiusa lì. Evidentemente non per tutti, fino alla prima occasione utile per tirarlo nuovamente in ballo. E, come se non bastasse, c’è spazio addirittura per il calcio. Dopo aver confessato la sua simpatia per la Juventus, come fare a non mettere nel calderone anche l’associazione con Agricola? Così limpido, come abbiamo fatto a non pensarci prima? Ma la sensazione più sgradevole è che sia stata la sincerità della Errani a generare un esercito di ‘hater’: è bastato “schierarsi” dalla parte di Nadal nella rivalità con Federer, urlare qualche “vamos” per incitarsi, allenarsi in Spagna e giocare un tennis di sola quantità agli occhi dei meno attenti ed il risultato è quasi scontato.
Per fortuna, solamente dopo un paio di ore la verità stampata in un comunicato dell’Itf ha chiarito la spinosa vicenda. Pena minima di due mesi, si è creduto alla buonafede per una sostanza (etichettata tra l’altro sostanzialmente come non dopante) pericolosa se “assunta da una persona di sesso femminile non ancora in menopausa”, come confermato dalla diretta interessata. Che si trattasse di un semplice equivoco – il test sui capelli, cui l’azzurra si è volontariamente presentata, ha confermato essersi trattato di un episodio isolato – era abbastanza intuibile dall’immediato supporto della Federazione, al contrario poco propensa a difendere i suoi atleti una volta pizzicati nel commettere illeciti, che si parli di doping o scommesse. E no, non è nemmeno paragonabile al caso Sharapova: buonafede o meno, per la russa non si è trattato di pena minima ma di ben quindici mesi di stop.
Non è bastato, e probabilmente non basterà neanche questo, per placare la fastidiosa macchina del fango. Nel continuo autolesionismo italico particolarmente presente in campo sportivo, in cui sembra essere impossibile non schierarsi a favore o contro in qualsiasi vicenda, di certo non si perderà l’occasione per sparare a zero su chi ha tenuto alto il tricolore in singolare, in doppio e in Fed Cup per tanti anni, per cavalcare l’onda e infierire senza troppe tesi a supporto in un momento già di per sé infelice della carriera dell’ex numero 5 al mondo. Sara rientrerà, a questo punto nel finale di stagione per riprendere confidenza con il campo in qualche Itf o al più direttamente nel 2018 con uno spirito più combattivo che mai, di chi vuole dimostrare – senza averne la necessità – di essere dalla parte del giusto. E la speranza, evidentemente non di tutti, è che ci riesca.