Il Milan di queste prime tre giornate ha dato l’impressione di essere tutto fuorché una squadra competitiva. Due punti in tre partite preoccupano, ma bisogna andare oltre i risultati. E il Milan non è né carne e né pesce al momento: non c’è il dominio e il possesso sbandierato ad inizio anno, nel momento in cui si prova a pressare forte dietro si aprono le voragini. Anche difendendo bassi le squadre avversarie riescono a creare grandi occasioni con facilità. Paulo Fonseca non è ancora venuto a capo di una situazione che comincia a farsi preoccupante. E le scelte di ieri sembrano andare in questa direzione: un segnale forte, ma anche un tentativo di riuscire a trovare un equilibrio che per ora non c’è.
I rossoneri hanno preso sei gol in tre partite, ma soprattutto concedono almeno quattro-cinque grandi occasioni a partita ai propri avversari. Anche ieri, oltre ai due gol subiti, la Lazio dopo pochi minuti si è presentata davanti alla porta di Maignan con un grande salvataggio di Pavlovic che ha evitato l’1-0. E sul 2-2 Zaccagni, da tre metri, si è fatto ipnotizzare dal portierone rossonero. L’equilibrio non c’è. Anche con Fofana e Musah. Quantomeno non con questo tentativo di 4-2-3-1 che tatticamente dà più svantaggi che vantaggi al Milan: Loftus Cheek è un fantasma, fuori dal gioco sia in fase di possesso che in fase di non possesso. Pulisic si sacrifica, ieri ha raddoppiato quasi sempre Terracciano, ma così lo si perde in fase d’attacco dove in queste prime tre giornate è stato evanescente nonostante il gol a porta vuota a Parma. Reijnders fa tanta fatica quando deve correre all’indietro e di fatti con la Lazio è rimasto molto bloccato sulla sua posizione, ma l’olandese deve essere libero di fare calcio magari come mezzala in un centrocampo a tre circondato da Musah e Fofana.
E poi ci sono le scelte forti. Perché panchinare Theo Hernandez, Leao e il capitano Davide Calabria in una partita così importante, sono scelte che non possono passare inosservate. Così anche la decisione del francese e del portoghese di portarsi totalmente dall’altra parte del campo mentre c’è il cooling break. Hai voglia a giustificare l’accaduto: chiunque abbia mai calcato un campo di calcio e uno spogliatoio, sa che ci sono degli equilibri. I due leader tecnici, non appena fatto il 2-2, potevano andare a suonare la carica a tutto il gruppo. Invece hanno voluto mandare un segnale ben preciso. Ed è lo specchio fedele di questo Milan: scollato, che si trascina tra una partita e l’altra alla ricerca di soluzioni che per ora non funzionano.
Dopo la sosta Fonseca si gioca tanto, forse quasi tutto nelle tre partite a San Siro: Venezia, Liverpool e poi il derby con l’Inter. Serve un rapido cambio di rotta e soprattutto serve trovare il bandolo della matassa. L’ultima volta che il Milan era partito peggio di quest’anno era stato 86 anni fa, nel 1938/1939: allora i rossoneri collezionarono un punto in tre partite. I rossoneri sono già con l’acqua alla gola ed è appena cominciato il mese di settembre. Senza una via maestra che illumini un sentiero che si sta facendo sempre più buio e cupo. Come l’umore del patron Gerry Cardinale, ieri presente allo stadio Olimpico.
Fonseca è un buon allenatore, un professionista serio, ma se il target ad inizio anno è vincere il campionato: perché il Milan ha preso un allenatore che difficilmente può garantirti questo? Sul mercato c’erano profili più appetibili, sicuramente con un palmares più ricco, ma che andavano a contrastare con quelli che sono i diktat economici e non della società. Il Milan, da quel punto di vista, è sempre stato coerente con le sue scelte, ma i fatti sembrano non andare di pari passo rispetto alle parole e ai proclami. Questo Milan non ha una identità. Aspettando Godot, i tifosi rossoneri stanno perdendo la pazienza. Fonseca reggerà? Ai posteri l’ardua sentenza.