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La Roma non ha ancora un’identità, Maresca è un disastro. Ma questo Milan merita la vetta

Stefano Pioli - Foto Antonio Fraioli

Roma-Milan va in archivio ed è un’altra serata di enormi polemiche arbitrali. Il Milan vince e tutto sommato lo fa con merito, passando per 1-2 all’Olimpico grazie al gol del vantaggio targato Ibrahimovic e al raddoppio del solito Kessie su rigore, accorcia troppo tardi le distanze El Shaarawy. Sono tanti gli spunti nel calderone: una Roma che in primis non ha ancora una vera identità e fatica tantissimo nei big match. In questo, ormai si può dire, non è cambiato nulla nello switch tra Fonseca e Mourinho. Non è cambiato nemmeno il ruolino di marcia spaventoso dei rossoneri, che vincono ancora e restano in testa alla classifica insieme al Napoli. Lo scorso anno, dopo un super girone d’andata, la squadra crollò su se stessa riuscendo ad arrivare seconda ma faticando tanto. Quest’anno sembra invece esserci qualcosa in più: maturità, esperienza, capacità di vincere anche senza meritarlo fino in fondo, malizia, più ricambi in panchina. E soprattutto, tantissima convinzione in più, quella che manca ai capitolini che troppo facilmente vanno in difficoltà e raramente, o troppo tardi, fuoriescono dal pantano.

Purtroppo, però, Roma-Milan come detto non è solo un big match spettacolare, ricco di emozioni e di occasioni. O meglio, se le emozioni arrivano lo fanno anche perché gli episodi arbitrali sono tra i più discussi dell’anno. L’arbitro Maresca si conferma un disastro quando l’asticella si alza e come già capitato altre volte, riesce paradossalmente a far infuriare entrambe le squadre per la sua direzione arbitrale scriteriata e le difficoltà nel leggere gli episodi chiave. Ma stavolta gli errori non si compensano: Mourinho è furioso e abbandona l’intervista per evitare delle squalifiche, Pioli minimizza ma sa che ha perso Theo Hernandez per il derby contro l’Inter per un’espulsione viziata da un precedente fallo non visto. Oltre alle due squadre, si conferma un mantra: Maresca è spesso il vero protagonista dei big match che è chiamato a dirigere. E spesso non è un bene.

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