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Il fascino rinascimentale del tamburello

Tamburello - Foto Remo Mosna

Domenica 16 agosto 2015: le città sono semi-deserte, Ferragosto è appena passato e il palinsesto sportivo mainstream è ai minimi storici. Tra una notizia di calciomercato e una fetta d’anguria, qualche incrollabile appassionato di sport inizia il suo zapping serale, aspettandosi al massimo l’ennesima replica dei big match della stagione passata o di una puntata di “Sfide”.

Ed invece, ecco che su Rai Sport 2 si palesa un evento in diretta. E c’è di più: è una finale! Bastano pochi istanti, qualche scambio tra le due squadre e uno sguardo a Wikipedia per capire di essersi imbattuti nell’atto conclusivo del campionato italiano di uno dei gli sport più longevi e gloriosi del nostro Paese: il tamburello.

Sostanzialmente sconosciuto in larghe regioni d’Italia, ed invece autentica religione in pochi, storici feudi, il tamburello è uno sport di squadra antichissimo, praticato addirittura dai Romani, tant’è che ne parla già Giulio Cesare nel De bello Gallico. E’ il probabile antenato di tutti gli sport di racchetta e vanta infinite varianti, sia come numero di giocatori che come terreni di gioco.

Ma andiamo con ordine: il tamburello “classico” prende il nome dall’attrezzo che si utilizza per colpire la palla: un cerchio di plastica di 26-28 cm di diametro, rivestito da una tela di diversa tensione a seconda del ruolo in campo. Le squadre sono composte da 5 giocatori ciascuna: battitore, spalla o rimettitore, due terzini e mezzovolo, il giocatore perno della squadra. Disposti su un campo di 80×20 metri, diviso da una semplice linea (senza alcuna rete), i giocatori devono conquistare il punto facendo rimbalzare la palla due volte nel terreno avversario. Similmente al tennis, i punti si contano con la successione 0-15-30-40-gioco. La partita è vinta da chi raggiunge per primo i 13 giochi.

Le zone dove il tamburello viene maggiormente praticato sono tre: il Piemonte, con particolare rilievo nella zona del Monferrato; l’area di confine tra Lombardia e Veneto (tra Mantova e Verona); e la Toscana. Esistono poi consistenti “sacche” al Sud, nella zona di Napoli, Caserta e Cosenza; ma è nelle suddette regioni settentrionali dove, già dal XIV secolo, i vari borghi si sfidavano in sfide sentitissime. Alcune cronache ottocentesche raccontano di veri e propri eventi collettivi, con tifoserie scatenate, derby sentitissimi, nonché un astronomico e “modernissimo” giro di scommesse, che costò ingenti fortune a svariati notabili e funzionari delle corti sabaude.

Nel XX secolo il tamburello ha perso l’appeal di cui godeva nelle epoche precedenti: i suoi lunghi scambi portano le partite a durare anche diverse ore, e lo rendono uno degli sport meno televisivi in assoluto; peccato mortale in un’epoca come questa dove, per compiacere le tv, in altri sport si sono cambiate regole cardine (come il cambio palla nella pallavolo o il tie break nel tennis). Il tamburello ora è relegato negli sport “minorissimi”, ma il suo fascino rimane immutato e la sua storia merita rispetto: basti pensare che il primo campionato italiano risale al 1896 e che, negli ultimi anni, il gioco ha superato i confini italiani e francesi (altra potenza storica), diffondendosi in quasi tutto il mondo e permettendo la nascita dei primi campionati mondiali (2012).

A mantenere in buona salute il tamburello, e a garantirne la sopravvivenza, c’è l’entusiasmo incrollabile degli appassionati ma soprattutto la sua innata versatilità: oltre alla disciplina classica sin qui descritta, infatti, nel corso dei secoli si sono sviluppate diverse derivazioni, alcune delle quali assolutamente curiose. In primis va raccontato il tamburello a muro (o tambass), giocato in sferisteri che contano un muro laterale di appoggio. Questa disciplina è nata in epoca tardo-medievale, quando molto spesso si giocava nelle piazze sui fianchi dei bastioni: ciò rendeva ogni campo unico per caratteristiche, e di conseguenza ogni partita molto più avvincente.

Esistono poi il tamburello indoor (giocato 3 vs 3), il tambeach (variante da spiaggia), il tambumuro (che ricorda lo squash), il tambutennis (giocato in doppio con una rete divisoria) e la palloncina (in cui si giocano due round: uno con le regole del tamburello classico e uno con le regole del tamburello a muro).

L’appuntamento per riscoprire il tamburello è dunque negli sferisteri e nelle palestre di mezza Italia, dove la stagione 2016 è già iniziata: nello scorso week end è partito il campionato Open, con i campioni in carica di Cavaion Monte (Verona) decisi a mantenere lo scettro conquistato negli ultimi due anni.

 

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