Le probabilità di vittoria degli azzurri a Dublino erano molto scarse prima dell’inizio della partita, ma quello che si è consumato oggi nella quarta giornata del Sei Nazioni è stato un vero e proprio mismatch. Il risultato è tutt’altro che bugiardo: l’Irlanda si impone sull’Italia con il punteggio di 58-15.
La partita inizia nell’illusione che l’Italia potesse dire la propria, con Garcia che si avvicina terribilmente alla marcatura pesante, salvo farsi trascinare fuori dagli avversari. Gli irlandesi invece si comportano in maniera cinica: al primo errore azzurro (Sarto smanaccia il pallone su Odiete) Trimble va in meta. Non la smettono più. Al quarto d’ora bissa McGrath, al trentesimo Stander e al quarantesimo Heaslip, nel primo tempo il solo Padovani, con un calcio di punizione, mette punti a referto per gli azzurri. Nel secondo tempo non cambia granché. Fisicamente superiori e tatticamente più attenti, gli irlandesi si buttano su ogni errore azzurro, superando la soglia dei quaranta punti già alla metà della ripresa. C’è spazio per qualche giovane azzurro: Palazzani serve Odiete, che riesce a marcare la prima meta azzurra della partita. Al trentacinquesimo è lo stesso Odiete a sventagliare un pallone (al limite del passaggio in avanti) per Sarto, che marca la seconda e ultima meta azzurra. Prima e dopo di Sarto sono andati in meta Madigan e McFadden.
Nove mete subite da Parisse e compagni, una partita mai in discussione e una superiorità irlandese chiara e netta. Bilancio del Sei Nazioni negativo, come già visto altre volte, ma quello che preoccupa è la totale mancanza di crescita nel lungo periodo, dopo sedici anni di presenza azzurra nel torneo i tifosi si sono stancati di vedere uno spettacolo pietoso.
La coperta effettivamente è corta, oltre alle due\tre soprese del torneo (oggi Odiete sugli scudi) non sembra ci siano giocatori adeguati alla categoria, e le cause di questa carenza devono necessariamente essere cercate nel programma di sviluppo federale. Al termine di questa stagione sarà necessario fare dei bilanci, e non perché monsieur Brunel terminerà il contratto con gli azzurri.