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“Abbiamo dato una wild card a una ragazza che diventerà fortissima, la porta qui a Roma Ugo Colombini”. Rita Costa e Stefano Panatta, organizzatori per anni del torneo Itf di Pomezia, sono entusiasti. “Si chiama Jelena Ostapenko e la settimana scorsa, al suo terzo torneo professionistico in carriera, ha raggiunto la semifinale. Ah, non ti ho detto… ha 14 anni” – sentenzia Panatta. È l’aprile del 2012 e la giovanissima lettone, accompagnata da uno dei manager più noti del circuito professionistico, si presenta a Pomezia pronta a stupire. Jelena ha gli occhi furbi, studia ogni angolo del circolo, sorride. Appena entra in campo si fa seria, tira forte, vince e convince. A Pomezia si spinge sino alla semifinale, in un torneo vinto da Aliaksandra Sasnovich, altra giovane che appare di grande prospettiva. La protagonista assoluta però è la piccola Ostapenko, la tennista ballerina, che rimane impressa negli occhi di tutti i presenti. Tre anni dopo, Jelena entra nelle prime 100 e, al Foro Italico, mi avvicino a Colombini per fare i complimenti. “Che brava la Ostapenko, come al solito ci avevi visto lungo” – esclamo, ma la risposta di Ugo è inattesa: “Beh, era ora, per quanto mi riguarda è in ritardo”. Maggio 2017, cinque anni dopo, Jelena è in finale a Parigi. Una finale raggiunta nel giorno del suo ventesimo compleanno, fra colpi vincenti potentissimi e grandi margini di miglioramento. A Parigi non è nata una stella, ha semplicemente (e finalmente) iniziato a brillare. Il (presunto) ritardo è perdonato.