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Luigi Lodde è stato ufficialmente convocato ieri dalla FITAV per rappresentare l’Italia a Rio in occasione dei prossimi Giochi Olimpici. Il tiratore sardo sostituisce con onore il carabiniere romano Valerio Luchini, che ha comunicato recentemente la propria rinuncia per problemi personali. Sportface.it ha realizzato questa intervista esclusiva per conoscere meglio uno dei prossimi protagonisti italiani dello skeet a Rio 2016.
“Ero un po’ piccolino ma mi ricordo la sensazione delle prime fucilate come un’emozione unica, indescrivibile, mi piaceva veramente tanto. Ho iniziato a sparare grazie a mio padre, ero poco più che un bambino, avrò avuto circa 7-8 anni. Quello di partecipare a gare così importanti poi era un sogno, non avrei mai pensato di poter arrivare così in alto. Poi invece con la fatica e con il lavoro mi sono reso conto che si poteva fare”.
Così Luigi Lodde racconta di come si è avvicinato a questo sport, di come da una passione trasmessa da un padre ad un figlio negli assolati campi della brulla Sardegna ne nasca un futuro campione: “Ho cominciato a fare i corsi con i centri regionali di avviamento allo sport avendo sempre la fortuna di avere mio padre che mi metteva a disposizione un po’ tutto il materiale. Da lì ho iniziato a fare qualche gara: nel 1996 ho avuto la fortuna di vincere una prova nel centro di avviamento allo sport e di conseguenza sono stato inserito nella squadra juniores. Durante l’attività giovanile ero tra i più bravi in Italia, sono arrivato due volte terzo ai Campionati d’Europa e secondo a squadre ai Campionati del Mondo”. Luigi crescendo decide però di prendersi una pausa dallo skeet, cercando di delineare il suo futuro dedicandosi agli studi universitari: “Ho cominciato a studiare all’Università qui a Sassari, in quel periodo avevo totalmente accantonato l’idea di far diventare la mia passione una professione, perché oggettivamente non ci sono grandi ritorni economici in questo sport, non ti da la possibilità di dire: ‘Ok io faccio questo e basta nella mia vita’. Quindi stavo valutando altre cose, la biologia mi piaceva tanto, dopo la laurea triennale in Scienze Biologiche nel 2006 mi sono iscritto alla specialistica ma poi ho ricominciato a sparare grazie al Progetto Giovani della Federazione e alla Nazionale Universitaria. Nel 2010 sono entrato nel gruppo sportivo dell’Esercito… non è stata una cosa voluta farlo diventare una professione, è successo quasi naturalmente”.
Grazie al Progetto Giovani e alla guida di Andrea Benelli, Luigi entra in Nazionale, questa volta tra i seniores: “Sono stato convocato per le Universiadi dove abbiamo vinto la prova a squadre, nel 2008 ho disputato la mia prima prova di Coppa del Mondo da senior e ho ottenuto il terzo posto ai Campionati Universitari dove abbiamo rivinto a squadre. Da lì la mia carriera è ripartita completamente”. Infatti la maturazione agonistica di questo giovane biologo è incalzante: nel 2010 Luigi si classifica terzo nella prova di Coppa del Mondo a Pechino, partecipa ai suoi primi Europei ed è soprattutto l’anno del suo primo titolo ai Campionati Italiani, che bisserà nel 2014. Ma è nel 2011 che giunge una grande soddisfazione: “Eravamo in Australia, a Sydney, per la seconda prova della Coppa del Mondo. Mi sono piazzato quarto in quella gara e ho vinto il pass olimpico per Londra 2012. Non mi sembrava vero, il 2011 è stato tutto di preparazione ai Giochi Olimpici”.
Ai Giochi della XXX Olimpiade Luigi si gioca serenamente le sue carte e arriva quinto al termine di una gara tiratissima, un’esperienza di cui certamente farà tesoro per questa sua seconda partecipazione: “Io sono arrivato a Londra da outsider totale, a malapena sapevo dov’ero. Fondamentali sono stati i miei compagni di squadra, Ennio Falco e Chiara Cainero, che mi hanno fatto capire che ci dovevo credere, che si poteva fare davvero perché in quel momento sparavo benissimo e semplicemente mi hanno ricordato: ‘È sempre una gara, sempre piattelli sono!’ Entrambi sono stati determinanti soprattutto nei mesi precedenti, mi hanno letteralmente portato per mano a quella gara. Quest’anno sarà ancora più dura, perché come sempre le Olimpiadi portano tanta attenzione mediatica a cui noi non siamo abituati, per cui delle volte ti senti senza fiato e non sai come gestire determinate situazioni. In questi 4-5 anni ho accumulato tanta esperienza, per cui arriverò per lo meno pronto; purtroppo in gara è un attimo, puoi vincere o perdere una gara fatta bene o fatta male in pochi secondi. Ecco, la differenza principale è che 4 anni fa non sapevo davvero cosa potevo fare, mi dicevo di dare il massimo senza saperlo in realtà quantificare. Non avevo mai vinto prima una gara di livello internazionale e non sapevo se bastasse. Ora lo so, so che se do il meglio di me posso arrivare molto vicino a un risultato importante. Sicuramente la consapevolezza delle proprie possibilità cambia. Questa può essere anche un’arma a doppio taglio, cioè puoi pensare di arrivare a un risultato molto importante ma al tempo stesso hai delle pressioni maggiori rispetto ad essere un outsider che non ha niente da perdere. Da duplice campione europeo in carica non è che posso andare a giocare! Vediamo cosa succede, io ci proverò al massimo delle possibilità, e se non succede, pazienza. A Londra ero un outsider, a Rio non posso nascondermi…”
Conclusasi l’avventura olimpica, Luigi continua a macinare ottimi risultati: nel 2013 conquista l’argento ai Campionati Europei; per due volte si classifica quinto in coppa del mondo; è Campione del Mondo a squadre in Perù; infine ottiene la medaglia d’oro individuale ai Giochi del Mediterraneo in Turchia. “Con la venuta del tecnico Andrea Benelli e col cambio di direzione federale, sono migliorato molto negli anni successivi all’Olimpiade, dal 2011 ho cominciato a lavorare anche con uno psicologo dello sport che è di Sassari e piano piano mi sono costruito la mia equipe. Da lì è andato tutto un po’ a gonfie vele”.
È il 2014 l’anno d’oro in tutti i sensi: Luigi Lodde si laurea per la prima volta campione europeo (la seconda volta nel 2015 a Maribor), non solo nella prova individuale ma anche in quella a squadre, successo che replica qualche mese dopo ai Campionati del Mondo a Granada, in una finale che vale al team italiano il record del mondo. Ma non è finita: vince la prima prova di Coppa del Mondo del 2014 a Tucson eguagliando il record mondiale con 124/125 piattelli, entrando di diritto nell’élite dei 7 tiratori capaci di arrivare a un passo dalla perfezione.
Il senso di appartenenza ad un gruppo è forse l’elemento chiave dell’esplosione agonistica di Luigi, che ha cercato in questi ultimi anni di rinvenire, in una disciplina essenzialmente solitaria, la coesione dei grandi sport di squadra: “È una cosa che si è venuta a creare in questi ultimi anni, sinceramente io ho puntato molto su questo fatto del ‘fare gruppo’, perché non avevamo più un leader di riferimento: mentre negli anni precedenti c’erano Benelli e Falco, due campionissimi che hanno vinto tutto, quando sono mancati loro abbiamo cercato di farci forza, di fare quadrato e questo ci ha portato a risultati che oggettivamente erano del tutto inaspettati. Quando abbiamo vinto il primo Campionato Europeo a squadre, nel 2014, quello che aveva più esperienza ero io e non avevo fatto poi così tante gare internazionali. Eravamo tutti molto giovani in quanto a esperienza, ma abbiamo vinto i Campionati del Mondo, facendo tra l’altro il record. Purtroppo non è una situazione semplice da portare avanti perché anche non volendolo ad un certo punto si diventa avversari ed è difficile gioire per la vittoria individuale di qualcun altro. Ormai solo agli Europei e ai Mondiali c’è la gara a squadre, in Coppa del Mondo l’hanno tolta. È un peccato perché può portare a dei grandi risultati”.
Ed eccoci arrivati al 2015, con la nuova vittoria ai Campionati Europei in Slovenia accompagnata dalla delusione per la mancata qualificazione ai Giochi Olimpici: “Luchini e Filippelli hanno preso il pass olimpico prima di me, alla prima gara utile, ma ce la siamo giocata fino all’ultimo piattello. Fortunatamente ho sempre avuto un supporto incredibile da parte di mia madre, di mia sorella, della mia fidanzata in questi momenti molto difficili dal punto di vista sportivo, compreso quando non sono riuscito a qualificarmi direttamente per Rio”.
La presenza della famiglia è fondamentale nella vita di Luigi, non manca nemmeno quando gli chiedo di parlarmi del suo team e di come si svolgono i suoi allenamenti: “La prima componente del mio team è sicuramente la mia fidanzata Maria, lei mi aiuta quando mi alleno, oltre al fatto che mi sopporta dalla mattina alla sera – ride sornione – mi consente di potermi allenare al meglio, mi sta sempre dietro e così voglio che sia, visto che ha scelto di stare al mio fianco. Poi c’è Fabio Partigiani, preparatore atletico federale; ultimamente mi sto facendo aiutare anche da un mio amico, Andrea Dessena, che ha studiato Scienze Motorie a Cagliari. C’è ovviamente il tecnico della Nazionale, Andrea Benelli, anche se dal punto di vista tecnico ci arrangiamo un pochino da soli perché lui ovviamente non ci può seguire dappertutto. Poi come dicevo c’è lo psicologo che è Manolo Cattari; ora sto andando anche da una nutrizionista per chiudere il cerchio. La mattina vado ad allenarmi a sparare, poi dipende se devo allenarmi un po’ di più vado la mattina a sparare e la sera in palestra: per esempio adesso sono reduce da una gara di Coppa del Mondo, quindi sono in fase di scarico, tra tre giorni riprendo ad allenarmi perché il 14 aprile partiamo per la preolimpica di Rio. In sostanza 3-4 ore di sparo, poi esercizi di rilassamento e concentrazione per affinare la coordinazione oculo-manuale, più la palestra, la corsa…ho un bel piano da seguire! Ormai sono 5 anni che è un lavoro vero, oltre al fatto che il gruppo sportivo dell’Esercito mi mette a disposizione mezzi che altrimenti un privato non potrebbe avere”.
Il tiro al volo è uno sport che implica sacrifici enormi e una grandissima dedizione, per questo motivo è spesso considerato non alla portata di tutti. Ma alla fine conta di più la concentrazione del singolo o la precisione data dall’allenamento costante? “Sicuramente è uno sport per tutti, ovviamente rapportato al livello che può raggiungere una persona. Le doti tecniche ed il talento sono certo fondamentali per raggiungere dei livelli altissimi, anche le doti fisiche sono molto importanti, ma non determinanti. È uno sport longevo, che ti consente di arrivare alla maturità tardi, nel mio caso io avevo 32 anni. È uno sport di concentrazione e di movimenti tecnici molto precisi, per cui affinare e coordinare le due cose è fondamentale. Partendo dalle basi è più importante la fase tecnica, ma col passare del tempo acquista sempre maggiore importanza la parte mentale, l’esercizio all’attenzione, alla concentrazione, alla focalizzazione, al rilassamento, perché più si sale di livello più la posta in palio è alta e le aspettative aumentano, chiaramente. Trovare un equilibrio tra queste parti è molto importante”. A proposito di equilibrio, si legge che Luigi abbia la mania di pulire in modo certosino il fucile dalle ditate prima di sparare, con dei movimenti che sembrano quasi carezze: “Lo faccio ancora, sempre! Quelle sono cose che non si levano, anzi il mio psicologo dice che è una mia caratteristica che va possibilmente curata, guai ad eliminare gesti che vengono in maniera naturale!”
In tanti anni di professionismo Luigi ha assistito a molti cambiamenti, nelle abitudini, nella diffusione di questo sport nel nostro Paese, negli stessi regolamenti sportivi: “Da quando ho iniziato io sicuramente ci sono più giovani: la Federazione sta spingendo molto a livello giovanile, si sono create delle competizioni a livello nazionale solo per ragazzi che prima non esistevano, ovviamente con le mille difficoltà che implica spostarsi con le armi per l’Europa e per il mondo, tanto è cambiato da questo punto di vista. Sono cambiati tanto anche i regolamenti, la difficoltà tecnica è sicuramente aumentata rispetto a 8-10 anni fa, perché per esempio 20 anni fa si sparava con un 28 o 32 grammi di piombo, ora si spara coi 24 grammi, quindi il numero di pallini è diminuito tantissimo, mentre le difficoltà sono aumentate. Non che i tiratori forti 20 anni fa non sarebbero stati forti anche adesso però mentre prima contava più il talento puro, ora vanno a sommarsi altri fattori quali la preparazione fisica, quella mentale, l’importanza di uno psicologo dello sport che ti segua nell’avvicinamento ad una gara importante, prima non erano così determinanti mentre ora lo stanno diventando”.
Parlando di giovani mi viene naturale pensare alla diffidenza dei genitori verso una disciplina che implica il maneggio di un’arma da fuoco, quindi alle difficoltà nell’avvicinamento di nuove leve: “I giovani ci sono, anche se è un po’ difficile, ci si arriva più per conoscenze, il padre cacciatore o tiratore, un amico, un familiare. Un’altra difficoltà è data dal fatto che non ci sono poi tantissimi campi in tutta Italia, in alcune regioni, per esempio in Umbria, si va tanto nelle scuole. Ma il punto è che in Italia si diffida dal far avvicinare i propri figli alle armi, quando invece abbiamo una grandissima tradizione in questo senso: la Beretta e tutte le altre aziende che sono eccellenze nel mondo. La Federazione lavora tantissimo sulla sensibilizzazione del maneggio delle armi, forse bisognerebbe fare un pochino più di pubblicità soprattutto tra i più giovani”.
Una carriera, quella di Luigi, costellata di grandi soddisfazioni, con alcuni momenti che non si dimenticano facilmente: “Ci sono stati due o tre momenti molto belli nella mia carriera, sicuramente a Londra quando erano tutti sugli spalti, amici, genitori, la fidanzata, venuti in massa dalla Sardegna; poi a Tucson quando ho vinto in Coppa facendo il record del mondo, una battaglia incredibile, venivo da due giorni molto difficili con una carica emotiva molto particolare, per cui tutta la gara è stata una reazione di forza; gli ultimi Campionati Europei in cui ho fatto la gara perfetta, condotta devo dire in maniera ineccepibile dall’inizio alla fine, arrivando in finale con tiratori fortissimi, in un campo difficile dove avevo già sofferto anni prima. Lì mi sono detto: “Luigi, hai fatto proprio una gran bella gara”.
Ma cosa fa Luigi Lodde quando non spara? “Giocavo a Basket ma ho smesso almeno per quest’anno. Negli ultimi anni abbiamo giocato nel campionato Uisp. Per me è fondamentale il basket perché, oltre ad essere una grande passione, mi consente di allenarmi in inverno, quando la stagione è finita, altrimenti starei fermo due mesi per recuperare energie soprattutto mentali. Mi distraggo con la caccia, i cani, la pesca, il mare…perché un sardo non vive senza la Terra e il Mare!”
Infatti il vento di Sardegna soffia mentre si chiude la nostra lunga telefonata.