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Football Stories: Jay-Jay Okocha, la “Super Aquila”

Jay Jay Okocha - Foto Кирилл Венедиктов CC BY-SA 3.0


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Saper trasmettere emozioni a parole non è mai semplice, figuriamoci con il calcio. Eppure un ragazzo che fino alla soglia dei 35 anni ci è riuscito, è esistito: Augustine Azuka Okocha, chiamato da tutti “Jay-Jay”. Lui non ha trasmesso le classiche emozioni che lo sport solitamente regala, lui portava gioia, quella che si può vedere in un bambino quando gioca nel campetto con i suoi amici. La storia di questo calciatore comincia però in un contesto che di gioioso ha ben poco: la Nigeria degli anni ’70. La guerra civile e la povertà costrinse la sua famiglia a trasferirsi in Germania, dove inizierà il suo percorso nel calcio europeo.

Jay-Jay era un bambino che giocava con qualsiasi cosa gli capitasse sotto tiro, ma quando capitava un pallone vero era festa. In questa circostanza iniziò ad ideare e a mettere in pratica il suo stile di gioco fantasioso, bizzarro e a volte anche confusionario. Questo perchè una delle qualità chiavi che tutti ricordano di Okocha è l’abilità nel dribbling, che diede vita agli oramai noti “Step Over” e “Okocha Flick”. Il primo potrebbe essere definito una specie di “doppio passo” meno elegante del solito ma molto efficace, mentre il secondo è un “sombrero” che parte da fermo, con il pallone a terra.

La sua carriera inizia bene, con la Bundesliga che lo mette subito nel giro del calcio che conta grazie all’Eintracht di Francoforte. Qui verrà ricordato per la “danza del gol” che fece impazzire un certo Oliver Kahn. Su un contropiede Okocha riceve un pallone al limite dell’area dove inizia a fare finte e controfinte (complicandosi anche il lavoro),  per poi finalizzare con un sinistro potente ed imparabile. Questa parentesi tedesca gli darà la notorietà che basta per essere definito il “Maradona della Nigeria”, diventando la star della Nazionale.

Nel mondo Jay-Jay viene ricordato per le sue particolari treccine, ma in Italia è rimasta impressa la sua immagine dei Mondiali 1994, quando portava una capigliatura molto simile a quella che si vede nelle sitcom americane degli anni ’80. Italia – Nigeria fu una partita complicata per i ragazzi di Sacchi, che venne poi risolta dal solito Baggio, ma in quel torneo nacque il fenomeno delle “Super Aquile”: una squadra che diede risalto al calcio africano e che vinse due anni dopo l’oro olimpico ad Atlanta 1996 battendo prima il Brasile in semifinale e poi l’Argentina in finale. Per citare qualche nome che venne eliminato da quella corazzata si potrebbe nominare Ronaldo, Roberto Carlos, Crespo o Simeone. “Argentina is good, Nigeria is gold” disse Kanu dopo la vittoria per sottolineare la nascita di un nuovo fenomeno calcistico.

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Dopo quell’annata molti giocatori africani si affermano in Europa, ma Okocha, dopo la retrocessione del suo Eintracht nella seconda lega tedesca, viene prelevato dal Fenerbahce. La chiamata da un club importante non arriva forse perché è un centrocampista troppo offensivo, che non garantisce quantità in ogni reparto del campo. Ma la Süper Lig è un campionato fin troppo semplice per lui, tanto che gli permetterà di siglare il suo record di gol per un club con 30 reti in 63 partite giocate. Per fortuna arriva la chiamata dal PSG che lo riporta nel calcio europeo nel 1998, dove viene accolto come se fosse un giocoliere, uno che sa dare solo spettacolo. Ci vorrà poco per far ricredere tutti, giusto qualche ora dal suo trasferimento, quelle che daranno il via al match contro il Bordeaux che Jay-Jay riesce a riportare in parità grazie ad un tiro potentissimo dalla tre quarti dopo aver ubriacato due avversari.

Nel 2002, chiuso il suo rapporto con i francesi, trova casa al Bolton. Qui nasce la “Okocha-mania”, tutti amano il suo modo di giocare e di approcciarsi alle gare. Nonostane la Premier League fosse un campionato difficile, il suo talento non passa inosservato nemmeno questa volta, dove è quasi a fine carriera. “È così forte da avere due nomi” cantano i tifosi incantati dalle sue magie e dalle sue treccine. In Inghilterra finalmente Jay-Jay riesce ad esprimersi a pieno, giocando per la sua gioia e per quella dei suoi sostenitori. Con i suoi dribbling ha sempre voluto divertire tutti, a partire da se stesso.

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La sua speranza è sempre stata quella che un giorno un nuovo Jay-Jay sarebbe nato grazie alle ipotetiche innovative strutture della Nigeria. Per dare un sostegno, prima del suo addio fece una lezione a molti giovani in cui cercò di spiegare la sua tecnica, quella che ideò tra i sassi. Okocha per questo è il divertimento del calcio, quello che dà la speranza a molti bambini di poter diventare qualcuno continuando a fare ciò che amano. Quella sua speranza oggi potrebbe essere realtà se paragonata ad Alex Iwobi, giovane stella della Nazionale nigeriana, nonché suo nipote.

 

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