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“Sicuramente ho peccato di superficialità, poi una serie di imprevisti non mi hanno per niente aiutato: questo mix di cose ha portato al mio ritardo al controllo antidoping, seppur di poco. Questa storia fa rabbia, ma finché i giochi non sono chiusi mantengo ancora vive le speranze per l’Olimpiade di Rio”. Queste le parole di Vincenzo Abbagnale al termine dell’audizione davanti alla Procura federale della Nado-Italia per il caso di mancata reperibilità ai controlli antidoping.
“Psicologicamente questa situazione è molto difficile – ha ammesso all’uscita dagli uffici dello stadio Olimpico di Roma il figlio dell’ex campione olimpico Giuseppe, oggi presidente della Federazione italiana canottaggio – E’ già difficile allenarsi in questo sport in modo sereno, figuriamoci in un momento come questo, in cui puoi pensare che ti stai allenando per niente. Sto cercando ti tener duro fino alla sentenza, seppure con parecchie difficoltà. Cosa mi ha detto mio padre? Ovviamente nella duplice veste di presidente e padre è rimasto all’inizio spiazzato, proprio come me, perché non pensava potesse succedere una cosa simile. Questa faccenda ci fa molta rabbia”. Qualora il procuratore Tammaro Maiello dovesse deferirlo, Vincenzo Abbagnale rischierebbe una squalifica non inferiore all’anno. Ma lui non perde le speranze di uscire da questa storia senza sanzioni e poter partecipare all’Olimpiade di Rio: “Finché i giochi non sono chiusi – ha concluso il figlio del presidente federale – mantengo vive le speranze. Sicuramente negli ultimi tempi ho mollato molto la presa con gli allenamenti, ho lasciato la squadra nazionale e sono tornato a casa, quindi devo dire che le mie speranze rimangono poche. Sono frustato perché so di essere accusato di una cosa che non avrei mai immaginato: non è un caso di doping, è una mancata reperibilità, però è una situazione in cui pensi di non poterti mai trovare”.