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Classe 1993, studente di ingegneria nautica e appassionato di storia dell’arte. È questo Francesco Marrai, una delle punte di diamante della vela azzurra che volerà a Rio 2016 tra pochi giorni. Per il toscano – tesserato per le Fiamme Gialle – data la giovane età si tratta ovviamente della prima Olimpiade. Ma nessuna pressione perché “se sono rilassato non rendo al massimo”. Scopriamo obiettivi, ambizioni, i sogni di Marrai nell’intervista esclusiva di Sportface.it.
Tuo padre Antonio, velista affermato, è stato importante per l’avvicinamento a questo sport?
“Mio padre ha iniziato con Azzurra con due Coppe America, da lì dal 97 con Luna Rossa come logistic manager per 17 anni fino all’anno scorso. Su Azzurra faceva il grinder, con Luna Rossa non aveva più l’età per andare in barca. Io ero molto piccolo, siamo andati in Nuova Zelanda nel 2000 e 2003. Non andavo ancora in barca e seguivo le regate senza capire granché ma l’ambiente era bellissimo. Mi ha trasmesso la passione. Il mio sogno era regatare in Coppa America per far parte dell’equipaggio di Luna Rossa di cui mi sentivo parte avendolo vissuto indirettamente sin dall’inizio. Vela olimpica e Coppa America sono molto diverse. Nella vela olimpica c’è un solo atleta, in Coppa America un equipaggio di 18 persone, ora di 8 e sono poche. È un “dopo” rispetto alla vela olimpica. Sogno ancora magari un team straniero, anche se non può dare le stesse emozioni di un equipaggio italiano. Luna Rossa era una cosa personale, un grande affetto anche al di là della Coppa America. In futuro sogno di partecipare”.
Come reputi la tua prestazione nella Coppa del Mondo a Miami?
“Non ho fatto un risultato eccellente (19esimo) ma essere nei primi 20 in Coppa del Mondo su 100 è comunque un buon risultato. Però mi aspettavo di più. Già dall’anno scorso ho fatto miglioramenti a Miami (da 33esimo). Ogni regata è una storia a sé, Miami non mi esalta come condizioni e ho commesso alcuni errori, ma bisogna valutarli per non ripeterli e tener presente le cose positive per preparare la prossima regata al meglio”.
Ti diverti o c’è pressione nelle gare?
“È un lavoro, è un dato di fatto ma per me non è un peso. Quando inizia la stagione ci si prefigge un obiettivo importante come l’arrivare a determinate regate al massimo. Miami non era una mia regata obiettivo perché il momento più importante è la stagione estiva. Un po’ di pressione mi serve ad essere più concentrato perché se troppo rilassato non rendo al massimo. Rispetto ad altri la pressione mi fa bene”.
Qual è l’obiettivo per Rio?
“Presentarsi al 100% per ottenere il massimo. Il massimo non è sempre vincere, l’Olimpiade è una nuova esperienza ma capita di rado e quindi va sfruttata. Sogno una medaglia, un sogno raggiungibile. Già aver ottenuto il pass ti fa sperare nell’obiettivo. Nei test preolimpici, nel 2014 sono arrivato sesto e nel 2015 ho vinto. C’erano tutti gli avversari di Rio e questo mi dà grande fiducia, mi permette di porre un obiettivo alto ma raggiungibile. Se arrivassi in quella settimana in salute, col vento che si adatta a me (intensità media), potrei fare il mio meglio. Sono fiducioso”.
Parliamo di barche: quale imbarcazione e timoni?
“Laser standard, singolo per pesi leggeri, tra 79-85 chili, una singola vela, “one design”, solo la Laser Performance ha il brevetto per fare questa imbarcazione. In realtà barche non sono tutte uguali, durante la costruzione uno mette più o meno strati di fibra di vetro, più colla, cambia nel peso, la rigidità. E’ facile che non sia uguale al grammo. Dal fornitore italiano Negri Nautica a inizio anno quando scelgo la barca lo chiamo ma non ho grande impatto nella messa a punto. Barca molto fisica in condizioni di vento forte richiede abilità timoniere di interpretare condizioni sia dal punto di vista strategico ma anche di saper condurre imbarcazione meglio degli altri una buona preparazione fisica aiuta. Proprio perché è one design (non come 470 dove regoli albero e delle vele) abilità timoniere conta di più”.
Come si svolgono i tuoi allenamenti?
“La stagione è sviluppata seguendo programmi federali che prevedono regate e allenamenti. Mi alleno a Livorno, esco in barca con l’allenatore del Circolo Nautico Livorno. Gente magari non bravissima ma che per gli allenamenti va bene”.
In base a cosa si misura la crescita di un velista?
“Ho iniziato in barca a 11 anni, il miglioramento si vede in base non solo ai risultati (da piccolo non vincevo). Quello che conta sono le caratteristiche di quella persona anche a livello psicologico e un allenatore che ti segue passo dopo passo, che ti indirizza su strada giusta e non per forza verso determinati risultati. L’aspetto principale dello sport è quello fisico ma anche conoscenza della strategia per il campo di regata. Il nostro non è uno sport a tempo che si misura in modo oggettivo. A volte non vince il più veloce. Per esempio, un ragazzo con vento leggero più bravo trova condizioni sue, è bravo nel leggere campo di regata e prendere scelte giuste, sfruttando meglio situazione del momento. Poi magari in altre regate con più vento, ragazzi più pesanti lo battono. È successo a me a Rio: mi sentivo outsider speravo primi 10 ma ho vinto perché ho trovato le mie condizioni con un vento medio leggero. Ho saputo interpretare meglio il campo di regata e fatto meno errori. Un allenatore deve sviluppare capacità dell’atleta per migliorare gli aspetti forti senza pensare ossessivamente al raggiungimento del risultato quando il ragazzo è troppo giovane, anche perché crescendo il fisico cambia e magari non ci si adatta a nuove barche. Importante è anche il lavoro su se stessi non pensando al risultato, così risultato arriva. Molti genitori sbagliano, ad esempio nel calcio ci sono troppe pressioni”.
Ti affascina la vela d’altura o navigare in oceano, magari in solitaria?
“Vela d’altura è un qualcosa di meno agonistico. La vela oceanica e in particolare la Volvo Ocean Race è una cosa più seria e di alto livello. Bisogna essere marinai oltre che velisti. Ci sono grossi rischi in mare aperto. Mi attrae, ti può insegnare tanto stare in mezzo al mare con equipaggio, un ambiente ostile per tanto tempo, problemi di cibo, attrezzature, imprevisti da affrontare. È una sfida difficile”.
Altri sport preferiti?
“Da piccolo giocavo a basket, al tennis ultimamente mi sono riavvicinato. A basket ho sempre giocato con amici. A calcio no, ho giocato per hobby ma non mi piace l’ambiente, non è degno del potere di esportare molte virtù che lo sport rappresenta. Il calcio potrebbe trasmettere valori positivi ma non lo fa e quello che emerge è violenza, scommesse, truffa. Lo sport è gioco di squadra, rispetto per avversario, arbitro, valori. Lo seguo perché è impossibile non seguirlo ma dispiace perché potrebbe dare di più e non ci riesce”.
Gli studi?
“Sono iscritto a ingegneria nautica triennale a La Spezia. Tra gare e campionati gli studi sono rallentati, non sono in pari. Conto di finire ma non so quanto ci metterò. Pensavo che potesse arricchire il mio bagaglio culturale a livello ingegneristico, poi in un futuro una laurea può essere più utile in altre cose. Qualcosa ho già incamerato come conoscenza personale, non tutto serve sempre ma qualcosa sì, anche nell’attività di velista”.
Vita privata?
“Ho tanti amici ma ci vediamo poco, la mia fidanzata non mi segue perché ha degli impegni. Quando ero al liceo avevo la passione per storia dell’arte, una cosa che ho provato a portare avanti è quella mostra di Toulouse- Lautrec a Pisa, molto bella”.
Com’è il tuo rapporto con la Federazione?
“Dal 2013 faccio parte del gruppo sportivo della Guardia di Finanza (Fiamme Gialle) con uno stipendio. Questi gruppi sportivi sono mezzi per fare sport a livello professionistico, forniscono supporto nelle attrezzature, ma anche economico e logistico durante la stagione. Se la Federazione ti nota nelle gare giovanili fai qualche allenamento con la nazionale senior. Pian piano mi sono ritagliato questo posto. C’è meritocrazia nella distribuzione dei fondi. Nel quadriennio precedente ho partecipato a programma di sviluppo. Questo quadriennio ho avuto problemi all’inizio per cambi di gestione e devo dire che la Federazione è stata molto presente aiutandomi tanto. Ha esteso l’accesso al team Italia più che restringerlo, puntando anche su ragazzi che per risultati non meritavano ma in fase di sviluppo e allenamento avevano mostrato comunque potenzialità in cui credere”.
Quali progetti per il futuro della tua carriera?
“In linea di massima farò un altro quadriennio sul Laser. È la mia prima esperienza in mondo olimpico e cambiando categoria mi sembrerebbe di non sfruttare al massimo le mie capacità. L’età media della mia categoria è 28 anni, io sarò fra i più giovani”.