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Va detto, non era facile prendersi la scena del Centre Court di Wimbledon dopo l’inconsueto ‘antipasto’ (ma anche primo e dessert) maschile dal livello stellare con protagonisti Nadal e Djokovic. È, d’altro canto, una sintesi perfetta della carriera di Angelique Kerber: spesso a fari spenti ma capace di illuminare i Championships con il sorriso più sincero e di stregare anche Serena Williams. Ingeneroso parlare della tedesca come ‘guastafeste’: a livello mediatico una vittoria di mamma Serena, l’aggancio ai 24 Slam di Margaret Court davanti al Royal Box che ha registrato anche l’esordio di Meghan, avrebbe avuto sicuramente un rilievo maggiore. Lo sport, però, sa raccontare anche altre storie.
In particolare quella di una ragazza capace di costruirsi una carriera fenomenale diventato un’atleta straordinaria. I primi assaggi di potenziale si erano intravisti negli Us Open del 2011, quando da sconosciuta e numero 92 al mondo raggiunse la semifinale sorprendendo anche la nostra Flavia Pennetta. Dopo essersi attestata ai piani alti del ranking, però, la Kerber sembrava non possedere le armi per compiere lo step più importante e lottare per i tornei più prestigiosi. La semi a Flushing Meadows, bissata da quella di Wimbledon nella stagione successiva, rimarrà il suo risultato migliore a livello Slam per molto tempo. È solamente nel 2016, infatti, che Angelique cambierà marcia e diventerà la mattatrice del circuito con i successi in Australia e in America, fermandosi solamente in finale proprio contro Serena Williams. Un anno indimenticabile, contornato dall’argento olimpico a Rio, che le consentirà di scalzare la leggenda statunitense dal trono del ranking dopo 186 settimane consecutive, una striscia iniziata nel febbraio del 2013.
In uno sport come il tennis, tuttavia, gestire la miriade di punti e di cambiali da difendere nell’anno successivo è impresa ardua soprattutto per chi, come la Kerber, si è ritrovata all’improvviso con due titoli e una finale Slam. Da semplice outsider la tedesca era diventata la giocatrice da battere e, come prevedibile, il 2017 è probabilmente il suo anno peggiore: due ottavi di finale e due primi turni nei quattro Major, nessun torneo in bacheca e un record di 28 vittorie e 23 sconfitte accompagnato dall’uscita dalle prime venti giocatrici al mondo.
Guai però a dar per finita la Kerber. Una ventata di aria fresca era già arrivata con il cambio di coach affidandosi alla cura Wim Fissette per cercare nuovi stimoli. E il 2018 parte tutto con un’altra musica: la vittoria a Sydney, la sontuosa semifinale a Melbourne persa solamente per 9-7 al terzo contro Halep e costanti piazzamenti. Solamente una volta Angelique è stata sconfitta prima dei quarti di finale, cedendo al primo turno a Mallorca qualche settimana fa. Uno scivolone, nulla di più, subito messo da parte con la semifinale a Eastbourne e il capolavoro a Wimbledon: un solo set lasciato per strada contro la promettente Claire Liu – vincitrice tra le junior ai Championships appena dodici mesi prima sia in singolare che in doppio – con un crescendo coronato dalla partita perfetta contro Serena Williams. Nella rivincita dell’atto conclusivo del 2016 la Kerber non ha minimamente tremato, diventando l’unica assieme alla sorella Venus capace di batterla per due volte in una finale Slam, 22 anni dopo l’ultimo successo tedesco targato Steffi Graf.
E adesso Angelique torna a sognare in grande, riaffacciandosi ai piani alti del ranking – da lunedì 16 luglio sarà numero 4 al mondo – e mettendo in cima alla lista dei desideri il Career Slam: in bacheca, tra i Major, manca solamente il Roland Garros, torneo in cui non è però mai andata oltre i quarti di finale. In un momento storico del tennis femminile in cui tutto è perennemente in bilico (dagli Australian Open 2016 a Wimbledon 2018 ci sono state sette campionesse differenti) e con la dedizione sempre dimostrata dalla Kerber, precludersi ogni possibilità non è tuttavia la scelta più saggia.