Il fantastico 2015 di Thomas Fabbiano, con il balzo dalla posizione 258 alla 156 del ranking ATP, aveva fatto intuire la possibilità tutt’altro che remota di quell’ulteriore salto verso la soglia dei primi 100 giocatori del mondo, uno step di cruciale importanza nel tennis professionistico. Così è stato, forse anche bruciando le tappe rispetto alle aspettative di inizio stagione. Fabbiano infatti ha conquistato in apertura di 2016 la prima vittoria a livello di circuito maggiore, superando al primo turno dell’ATP di Chennai lo slovacco Jozef Kovalik e subito dopo la testa di serie numero 6 del torneo, il lussemburghese Gilles Muller; poi è andato addirittura oltre, guadagnandosi il primo successo in un ATP 500 in quel di Dubai, battendo per la prima volta un top 40 come Leonardo Mayer e arrendendosi solo a Tomas Berdych.
Insomma, un inizio di stagione da incorniciare, condito dal secondo Challenger vinto in carriera, con il trionfo a Zhuhai (Cina), dominando in finale l’idolo di casa Ze Zhang. Mancava solo la definitiva gratificazione del ranking, che è giunta puntuale proprio in questa settimana, con il successo nel quarto di finale di Raanana ai danni di Ti Chen e l’approdo in semifinale contro Evgeny Donskoy, numero 82 del mondo. Mal che vada il penultimo appuntamento del torneo, Thomas sarà numero 98 ATP dalla prossima settimana, portando a sei i rappresentanti azzurri classificati tra i primi cento giocatori del mondo.
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Un risultato certamente notevole al di là del mero dato numerico, che ripaga il tennista pugliese della grande lucidità e capacità di programmazione a tutti i livelli, a partire dal team di lavoro: preparazione tecnica a Foligno col team di coach Gorietti, che insieme al pugliese segue anche Luca Vanni e Stefano Travaglia, aspetto fisico curato da Diego Ruben Silva e quello mentale da Marco Formica. Poi la straordinaria umiltà nell’affrontare lunghe trasferte, come l’impegnativo tour asiatico della seconda parte di 2015, con le condizioni di gioco a lui più consone (outdoor, su un cemento non troppo rapido) e tre semifinali raggiunte, acquisendo una sempre maggiore consapevolezza nei propri mezzi tecnico-tattici. Proprio la crescita nel bagaglio tecnico di Thomas rappresenta un altro fattore cardine, con evidenti miglioramenti nel servizio e nella capacità di colpire la palla d’incontro, iniziando molto più spesso lo scambio alla pari o in una posizione di vantaggio anche nei games di risposta. Il timing, maturato anche grazie all’esperienza del doppio, è diventato una delle frecce principali nella faretra del classe 1989, oltre a una maggiore solidità complessiva, indispensabile per poter fare partita pari con avversari di primo livello.
La conferma di quanto detto è giunta anche da coach Fabio Gorietti, che ci ha concesso una chiacchierata telefonica sull’importante traguardo raggiunto dall’allievo.
“Sicuramente quello che gli ha permesso di arrivare a questo traguardo è stata la consapevolezza nei suoi mezzi, sia fisici, sia tecnici; si è reso conto di avere questi mezzi ed è diventato molto più solido rispetto a qualche anno fa, quando aveva un grande talento che non sempre riusciva a concretizzare” esordisce Gorietti, che poi mette l’accento sull’importanza del torneo di Chennai di inizio stagione. “Il momento in cui ci siamo resi conto che il giocatore era ormai salito di livello è stato ad inizio anno, a Chennai, in India: quando un giocatore inizia a vincere 2-3 partite a questo livello (due vittorie nelle qualificazioni e due nel main draw, nda), capisci che c’è una consistenza, che non è una giornata occasionale”. Infine, la certezza di averci sempre creduto, anche in quel 2014 avaro di soddisfazioni: “In quell’anno di difficoltà abbiamo investito molto, lui per primo, su se stesso. Abbiamo messo in campo ancora più impegno, con l’inserimento del preparatore Diego Silva che lo segue nei tornei; proprio nel momento difficile abbiamo puntato ancora più su di lui, perché credevamo molto nelle sue capacità”.
Insomma, un percorso non privo di ostacoli e delusioni, ma che ha visto Fabbiano riuscire a compiere il fatidico salto di qualità, dopo anni di sacrifici e duro lavoro. La speranza di tutto il movimento tennistico italiano è che questo possa essere solo l’inizio di una lunga permanenza a questi livelli.