Ha fatto passare qualche giorno Brian Cookson, probabilmente in attesa che scemasse l’escalation di polemiche seguite alla tragedia di Pasqua alla Gand-Wevelgem, alla morte di Antoine Demoitié, colpito alla testa da una moto in corsa. Il numero uno dell’Unione ciclistica internazionale (Uci) ha diffuso le proprie riflessioni sull’accaduto in una lettera aperta, in cui, ovviamente, il tema dominante è quello della sicurezza.
“L’Uci e con lei gli altri organi che gravitano nel mondo del ciclismo devono imparare la lezione che ci arriva da questo incidente e dagli altri avvenuti in passato. L’Unione ciclistica internazionale si assume le proprie responsabilità – sottolinea Brian Cookson – Ma così devono fare tutti: le Federazioni nazionali, gli organizzatori delle corse, i team. L’Uci ha lavorato negli ultimi mesi con ognuna delle parti in causa per modificare protocolli e regolamenti relativi allo svolgimento delle corse, soprattutto sul comportamento dei veicoli: ci siamo impegnati affinché sia chiarito con precisione il ruolo di ogni veicolo che fa parte della carovana e abbiamo stabilito delle sanzioni nel caso in cui le moto e le macchine non rispettino una buona condotta in corsa. Inoltre, da questa stagione abbiamo adottato un protocollo speciale per affrontare al meglio le condizioni climatiche più impervie. Si sta discutendo anche di una possibile riduzione del numero dei corridori”.
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Questa del gruppo a ranghi ridotti è una delle soluzioni più gettonate per limitare i rischi, soprattutto in corse come quelle del Belgio, dove le strade molto strette aumentano la pericolosità di incidenti. In passato si contavano tra i 70 e gli 80 corridori al via, oggi il numero è quasi raddoppiato. Brian Cookson, però, sottolinea come il contesto in cui si svolgono le gare ciclistiche implichi dei rischi spesso imprevedibili: “Si corre su strade pubbliche, imprevedibili per loro natura con strettoie, curve, dislivelli e ostacoli vari – prosegue il presidente dell’Uci – Tutelare la sicurezza dei corridori, di tutti i componenti della carovana e degli spettatori dislocati su percorsi di 200 chilometri e più è un’impresa titanica. D’altronde, la complessità della struttura organizzativa fa parte in qualche modo del fascino del ciclismo su strada, che non potrebbe esistere senza le moto, le vetture e tutti i veicoli che fanno parte della carovana. Molti pensano che la moto che ha investito Antoine Demoité fosse lì per riprendere o fotografare. Le cose non stanno così: non si tratta di un pilota inesperto che si è reso protagonista di una manovra azzardata, ma di più non posso dire. Brian Cookson ribadisce poi che si assumerà le proprie responsabilità e lancia un accorato appello rivolto a chiunque possa minare la sicurezza degli atleti: “Chiedo ai piloti delle moto di non ostacolare la corsa e di non mettere a rischio la vita dei corridori; allo stesso modo gli autisti delle ammiraglie devono guidare con prudenza, come se a bordo ci fosse la propria famiglia e gli organizzatori devono fare in modo che il percorso sia il più possibile sicuro e segnalato; anche gli stessi corridori devono pensare prima di tutto alla propria sicurezza e a quella dei colleghi, mentre agli spettatori è richiesto un comportamento responsabile che non metta in pericolo l’incolumità dei ciclisti”.
Infine, Brian Cookson promette di implementare il lavoro che dovrebbe portare in futuro a ulteriori modifiche nel regolamento in termini di sicurezza. “Senza però dimenticare che ognuno è responsabile della propria sicurezza e di quella di chi gli sta vicino. Se rispettiamo questo comandamento, Antoine Demoitié avrà lasciato nel ciclismo l’eredità che merita”, conclude il presidente dell’Uci.