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Alessandro Florenzi è stato intervistato da Walter Veltroni per il Corriere dello Sport, raccontandosi e commentando diversi aspetti del calcio. Il centrocampista della Roma è fuori a causa di un infortunio che è stato più pesante del previsto e commenta così la sua situazione iniziale: “Va bene. Potrebbe andare sicuramente meglio, visti gli ultimi mesi. Adesso sono concentrato sul recupero, ovviamente senza darmi, anche per ragioni scaramantiche, un tempo definito di rientro. Quando starò bene tornerò in campo.”
A Florenzi manca il campo ma il lavoro di recupero deve essere fatto nei tempi e nel modo giusto: “E non vedo l’ora, perché giocare mi manca come l’aria. Faccio tutti i giorni palestra, è dura. Ma so che quando avrò finito non potrò dire: “palestra non si fa più perché sto bene”. Devo mettermi in testa che tutti i giorni dovrò fare qualcosa per assicurarmi che il ginocchio stia bene, le muscolature stiano bene. Altrimenti di carriera ne faccio poca, invece ne voglio fare molta. Questa è la mia volontà e la mia totale disponibilità alla fatica”.
Un altro italiano sfortunato alla voce infortuni è sicuramente Giuseppe Rossi a cui il giocatore della Roma vuole stare vicino in un momento così difficile come quello dell’ennesimo infortunio: “Quando l’ho letto non ci volevo credere. Dico la verità. Perché l’ho conosciuto con Prandelli quando stavamo in Nazionale tutti e due. Ho visto un ragazzo genuino, ho visto un ragazzo semplice, ho visto un ragazzo che non merita tutto quello che gli sta accadendo. Quindi gli faccio, con molto affetto, un in bocca al lupo e sono sicuro che la sua forza di volontà e la sua voglia di giocare a pallone prevarranno anche su questo infortuni”
Florenzi è già un simbolo della Roma, ma lui non è sicuro su quello che prevede per lui il futuro: “Per sempre alla Roma? Una bella domanda questa. Non lo so, dico la verità, perché è difficile dirlo. Cambiano tante cose, cambiano tanti aspetti magari del tuo carattere, di quello che ti circonda. Penso: sì c’è la voglia di fare il percorso che è stato quello di Daniele, quello di Francesco. Loro sono irripetibili. Hanno fatto cose irripetibili. Francesco e Daniele sono il cuore della Roma e io, secondo me, non potrò mai arrivare a fare come loro. Quindi dico magari sì, può essere così. Però non è detto. Non mi precludo nulla, non posso precludermi nulla. Sarebbe anche bello giocare in altri posti, scoprirli, conoscerli. Però alla fine mi dico, dentro di me, che tutta la carriera a Roma sarebbe bello farla. C’è sempre quella parte di me che dice che sarebbe bello fare come Francesco e Daniele. Anche perché per ora siamo solo noi tre a poter legare la vita calcistica alla Roma e solo alla Roma. Forse è difficile che ce ne siano altri, a breve. Forse ci sarà Cristian, il figlio di Francesco, però non lo puoi mai sapere. Vivo giorno per giorno e vedo quello che mi si prospetta”.
Dopo l’andata dei quarti di finale di Champions League un pensiero anche alla sfida tra talenti argentini: “Chi scelgo tra Messi e Dybala? Messi. Paulo è bravissimo. Ma se devo scegliere preferisco ancora Messi. Però non è lui il mio giocatore preferito. E’ un giocatore strano. E’ Fabregas. Ho giocato contro di lui nell’Europeo. Alla fine del primo tempo, me lo ricordo ancora, gli ho detto “Senti posso chiederti la maglia? Tu sei il mio idolo da quando ho iniziato a giocare”. E lui mi fa: “Scusa ma come è possibile che io sia il tuo idolo se ho tre anni più di te?”. Gli ho risposto “Ma tu hai iniziato a giocare a sedici anni, io a ventuno, ci sono otto anni di differenza”. Comunque era lui il mio esempio. Mi ha colpito una cosa. Dopo il secondo infortunio, un giorno sto a casa e squilla il telefono. Rispondo e sento dire in inglese “Ciao Alessandro, sono Cesc Fabregas”. Ho chiesto a mia moglie un bicchiere d’acqua, perché non mi sentivo tanto bene. Lui ha chiesto il numero a Paolo Bertelli, il preparatore atletico del Chelsea. Sono rimasto così solo un’altra volta. Quando dopo il primo infortunio, mi ha scritto Ligabue, che è il mio cantautore preferito”.