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INTERVISTA – Attilio Caja e il sistema Varese: “Da noi non bastano le doti tecniche, conta il sacrificio”

Attilio Caja, Pallacanestro Varese - Foto championsleague.basketball

Quando inizi un cammino con una nuova squadra non sai mai quanto potrà durare. Naturalmente sviluppi un programma a lungo termine, un allenatore però è per definizione vincolato ai risultati e alla fine conta ciò che raccogli in campo”. Per il successo di un progetto i risultati sono imprescindibili. Lo sa bene Attilio Caja che si lancia nella sua seconda avventura da capo allenatore della Pallacanestro Varese. Al ritorno nella città giardino il coach raccoglie in eredità un gruppo che staziona in penultima posizione, il compito è arduo, ottenere risultati subito lo è altrettanto. La speranza probabilmente è quella di aver maturato un credito nei confronti della società per la salvezza raggiunta da traghettatore quando subentrò a Pozzecco nella stagione 2014/2015. Il problema non si porrà per nessuna delle parti in causa, sotto la guida di Caja infatti i lombardi cambiano marcia, ottengono la permanenza nella massima serie e sfiorano l’accesso ai playoff (Obiettivo che sarà centrato nella stagione successiva ndr). Il campo ha parlato, inevitabile la conferma per la stagione successiva del tecnico che in poco tempo ha saputo conquistare l’affetto di una della piazze più importanti della pallacanestro italiana. Sono passate due stagioni da allora, ma la fiamma che lega Attilio Caja e Varese non si è spenta, il rinnovo fino al 2022 è la più spontanea della conseguenze.

Offrendomi il rinnovo credo che la società abbia apprezzato e riconosciuto il mio metodo e la mia etica del lavoro afferma con soddisfazione il tecnico che a qualche settimana di distanza dalla conclusione della stagione 2018/2019 ha parlato ai microfoni di Sportface – Il sistema che abbiamo costruito in questi anni mi concede un margine d’errore maggiore perché sappiamo che sul lungo periodo il nostro lavoro paga. Per fare un esempio concreto basta tornare alla stagione 2017/2018, dopo aver chiuso il girone d’andata all’ultimo posto abbiamo scelto di proseguire di comune accordo con la dirigenza e al termine della regular season abbiamo staccato il pass per i playoff”. Quando si parla di progetti a lungo termine, coach Caja è orgoglioso di aver formato sin dai primi tempi quello che lui chiama “sistema Varese”: “In questi anni abbiamo la fortuna di aver creato un sistema Varese. Il parere di chi ci affronta è unanime, chi scende in campo con noi sa di affrontare una squadra che ha: un’identità definita, una difesa ben organizzata e un attacco dove tutti gli interpreti sono coinvolti. Sono gratificato quando il messaggio della nostra pallacanestro viene recepito all’esterno”. 

Personalmente sono molto soddisfatto della stagione dei ragazzi. A livello di numeri abbiamo fatto bene, nel girone d’andata abbiamo vinto nove match e nella fase di ritorno ne abbiamo portati a casa sette – questo il breve commento di una stagione dove Varese, a lungo protagonista ha mancato l’accesso ai playoff per un capello – Siamo stati praticamente sempre tra le prime otto e abbiamo chiuso il campionato a quota 32 punti. Di solito con sedici vittorie vai a fare i playoff, per Trieste e Avellino è stato così purtroppo per noi non lo è stato”. A conti fatti il tecnico di Pavia con se porta un solo rimpianto per l’annata appena conclusasi: La trasferta di Cantù probabilmente è l’unica cosa sulla quale potrei recriminare quest’anno. Abbiamo giocato il sabato la partita di campionato quando noi eravamo rientrati solamente il giovedì sera dalla trasferta valida per la semifinale di Europe Cup contro Wurzburg – Proprio contro la formazione tedesca si è concluso il cammino europeo dei biancorossi che hanno raggiunto la semifinale – Nella seconda parte di stagione siamo andati avanti in coppa e abbiamo trovato anche compagini scese dalla Champions che ci hanno impegnato molto – analizza Caja che poi risponde ad una domanda su quello che è il valore della minore della coppe FIBA – Ci sarebbe il bisogno di mettersi d’accordo su quello che il prestigio della Europe Cup. Il successo di Sassari viene giustamente celebrato ed incluso nella strisce di vittorie consecutive e ugualmente è successo per quello di Venezia. Quindi se questo vale per gli altri deve valere anche per noi e posso dire che da esordienti abbiamo fatto un percorso eccellente centrando la semifinale”.

Nei mesi di precampionato è importante lavorare sulla nostra identità, perché è in estate forgiamo la base offensiva e difensiva che ci servirà per affrontare la stagione – spiega Caja prima di svelare il lavoro settimanale che si cela dietro in quaranta minuti del campo – A campionato iniziato sul parquet perfezioniamo vari aspetti di settimana in settimana tenendo naturalmente conto di quella che sarà la nostra avversaria della domenica – racconta il tecnico della formazione lombarda – Oltre a questa parte pratica c’è il lavoro teorico di analisi video degli avversari che ci permette di definire obiettivi di squadra e individuali. Unendo queste parti abbiamo il quadro completo che ci consente di fornire ad ogni giocatore le istruzioni necessarie per farsi trovare nel giorno della gara“. 

Per far fruttare il lavoro dello staff è fondamentale l’impegno di tutto il roster. Determinante dunque la gestione dello spogliatoio che Caja si trova a dover fare nel corso di una lunga stagione: “Il lavoro fatto con la squadra è quotidiano. Chi vive il nostro spogliatoio sa che chiedo grande disponibilità e sacrificio. Dare il massimo è importante: dal riscaldamento fino all’applicazione che non riguarda solo il piano fisico ma anche l’aspetto mentale. Quando c’è da scegliere un giocatore noi teniamo conto anche del sacrificio che è disposto a fare perché non sempre bastano le doti tecniche”. Quando si parla di sacrificio in casa biancorossa nessuno è come il capitano Giancarlo Ferrero e leggendo cosa cerca Caja nel suo plotone è facile capire perché il connubio con il giocatore piemontese abbia subito funzionato. La guida dell’Openjobmetis al suo ritorno in panchina ha avuto infatti la lungimiranza di pescare il numero ventuno dal fondo della rotazione dove Paolo Moretti lo aveva relegato nei mesi precedenti. Da allora Ferrero è diventato il simbolo della Varese in grado di gettare il cuore oltre l’ostacolo ed è più che meritato il rinnovo con cui si è garantito altre due stagioni (Opzione per la terza ndr) da leader della compagine dieci volte campione d’Italia. “Ferrero è una ragazzo di grandi qualità, adempie perfettamente al suo ruolo di capitano ed è un riferimento per i compagni che devono imparare cosa vuol dire essere nel gruppo Varese – Caja spende parole al miele per il suo capitano – Con me è cresciuto molto e so esattamente cosa può dare in campo. Inoltre è una persona leale che dà il 100% in tutto quello che fa“. 

Per la stagione 2019/2020 la Pallacanestro Varese ripartirà da quattro giocatori come svela lo stesso Caja: Quest’anno partiamo da Ferrero, Natali, Tambone e Cain. L’anno scorso eravamo partiti da questi quattro e Avramovic – dichiara il tecnico che poi si esprime sugli addii ai quali ogni anno sono costrette le società cestistiche – Ci spiace perdere Aleksa, ma d’altronde ogni anno ci sono dei giocatori che vorresti tenere. Poi però bisogna far fronte al bilancio e alle possibilità economiche della società e bisogna esser bravi a far di necessità virtù”.

La società di Piazza Monte Grappa con i rinnovi di Caja e Ferrero ha già volto la testa al futuro e nei primi giorni di giugno (dal 4 all’8 giugno) ha aperto la prima fase della campagna abbonamenti “Noi Siamo Varese” per la prossima stagione. Tra i tanti rapporti instaurati da Caja nella città giardino c’è proprio quello con i tifosi: Il  mio legame con il pubblico di Varese è ottimo. I tifosi sono sempre pronti a sostenerci e dal canto mio sono contento che abbiano apprezzato i risultati raccolti e il basket che abbiamo prodotto in questi anni – afferma il tecnico che poi parla con soddisfazione anche dei rapporti interni alla società – Sono contento anche del rapporto che ho con la dirigenza e i membri del consorzio. Parlando dei General Manager mi sono trovato bene con Claudio Coldebella prima e mi trovo bene adesso con Andrea Conti. Infine ci tengo a menzionare Toto Bulgheroni che è il trait d’union tra la proprietà e noi che lavoriamo sul campo. Tra queste parti c’è una filiera diretta e oliata che si basa su una grande fiducia”.

In sede di mercato è proprio con Conti e Bulgheroni che il tecnico deve orchestrare le manovre per dar vita al nuovo roster biancorosso: Le idee partono da me e Conti, poi dopo una prima scrematura ci confrontiamo con Bulgheroni per le fasi successive. Io cerco gente che abbia voglia di sacrificarsi e che abbia una grande etica del lavoro, non abbiamo bisogno di giocolieri, saltimbanco o individualisti – spiega il coach che ribadisce l’importanza dell’etica del lavoro che deve seguire di pari passo le capacità tecniche di un giocatore – Sotto questo punto di vista nella composizione del roster riduciamo il margine d’errore prendendo giocatori che sono già stati in Italia. Questo perché quando ingaggi giocatori dall’estero valuti principalmente le performance tecniche, ma non sai cosa con certezza cosa ci sia dietro al talento. Il pericolo è quello di doversi trovare a gestire un giocatore con pessime qualità morali o con valori socialmente discutibili, questo nel corso di una stagione non fa bene allo spogliatoio“. Ad avvallare la sua tesi il coach porta degli esempi concreti in riferimento alla stagione passata: “Pescando in Italia o in campionati molto vicini in linea di massima fai delle scelte giuste. Possiamo prendere gli esempi di Trieste e Brindisi, loro hanno fatto molto riferimento su giocatori che hanno maturato lunga esperienza nel nostro campionato e hanno raccolto i frutti. Mentre per una Cremona che ha pescato bene fuori dall’Italia ci sono altre compagini che non hanno avuto altrettanta fortuna. Su tutti mi vengono in mente Blackmon e McCree che nonostante abbiano chiuso nella top 3 del campionato per media di punti segnati non si sono integrati bene nel basket italiano e le loro performance individuali spesso non si sono riflesse nei risultati ottenuti da Pesaro”. 

Attilio Caja vanta trent’anni di carriera nel corso dei quali ha anche collezionato anche una breve esperienza da Direttore Generale dell’Eurobasket Roma“Ho ottimi rapporti di amicizia con Armando Buonamici, dopo la stagione a Varese ero tornato a Roma ed ero senza squadra – spiega Caja riferendosi all’esperienza che seguito la prima avventura sulla panchina di Varese – L’Eurobasket era appena salita in A2 e il programma della società aveva margini di crescita. In virtù della mia amicizia con Armando ho svolto questo ruolo, però è stata una coincidenza temporanea dato che non ho mai pensato di lasciare il ruolo di allenatore sportivo”.

Attilio Caja conclude l’intervista lasciandosi andare ad una riflessione su quelli che possono essere gli stimoli personali nel prossimo futuro: L’anno scorso sono stato nominato allenatore dell’anno a più di vent’anni di distanza dalla prima volta. Nel 1996 ricevetti il riconoscimento alla guida della Virtus Roma e se guardo quanti dei coach che allenavano in quella stagione sono ancora oggi in panchina posso essere orgoglioso perché siamo rimasti in pochi dichiara con soddisfazione il tecnico che poi chiude – Ogni anno che si va in palestra per una nuova stagione bisogna fare il proprio meglio per raccogliere nuove soddisfazioni. Essere in una squadra di prestigio come Varese e ricevere riconoscimenti da colleghi e addetti ai lavori per il lavoro svolto è una cosa che fa piacere e crea stimoli per il futuro“. 

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