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Si è già conclusa l’avventura dei campioni Stanley Cup del 2012 e 2014 con la rivincita dei San Jose Sharks che nel terzo periodo hanno inflitto le tre reti necessarie per assicurarsi il margine di vantaggio per chiudere la serie sul 4-1. Los Angeles esce rammaricata e consapevole di non esser ai livelli di qualche anno fa dove vinse due Stanley Cup andandosi a giocare anche la finale di Conference nel 2013 contro i Chicago Blackhawks.
Cosa è mancato a questa squadra? Partiamo dai singoli giocatori. Sicuramente dovremo promuovere l’ottimo apporto offensivo di Anze Kopitar che più volte ha deciso i match dei Kings soprattutto in situazioni intricate in regular season. L’attaccante sloveno ha firmato un contratto da 8 anni a cifre da top player (10 milioni a stagione) ma ha dato una conferma, semmai fosse necessaria, che lui deve esser il punto di riferimento attuale e per il futuro della franchigia californiana. Jonathan Quick ha messo a segno il record di vittorie stagionali nella storia dei Kings con 40 successi ed ha chiuso l’annata con una delle più basse percentuali di reti subite. Drew Doughty è il serio candidato ad affrontare il leader degli Ottawa Senators Erik Karlsson per il Norris Trophy, premio istituito per il miglior difensore della stagione regolare. Insomma, abbiamo capito che i Kings potevano disporre di un leader in tutti e tre i reparti ma i “gregari”? Dov’è finito il contributo delle seconde linee con Carter e Lucic in primo piano? Al termine della Stanley Cup il dito viene puntato proprio su questi due giocatori che non hanno saputo dare un valore aggiunto al team già orfano di Justin Williams, vincitore del Conn Smythe Trophy dell’edizione del 2014. Il solo Tyler Toffoli ha mostrato grinta ed incisività nella serie contro gli Sharks non riuscendo comunque ad attivare i suoi compagni di linea. Rientro tardivo per Marian Gaborik in evidente difficoltà fisica, coach Darryl Sutter ha provato a recuperarlo a pieno alla vigilia dell’inizio dei playoff ed ha deciso di schierarlo anche se l’attaccante non poteva trovarsi al 100% della condizione. Ma tralasciando il reparto avanzato, parliamo di quello difensivo. Doughty e Muzzin ok ma gli altri hanno mostrato tanta mediocrità. E’ vero, ha influito pesantemente l’infortunio di Alec Martinez che non ha potuto proseguire la serie e sicuramente avrebbe contribuito nella fase offensiva ma quanti buchi e quante reti concesse agli Sharks, specialmente in powerplay.
E poi c’è lui, Vincent Lecavalier, che in mezzo a tante critiche ed ironia è comunque riuscito a crearsi un piccolo spazio all’interno della franchigia californiana. “Vinny” è approdato a L.A. nel mercato invernale mettendo subito in chiaro una cosa “lascerò al termine della stagione. A Philadelphia ha passato più tempo in tribuna che sul ghiaccio ed era evidente e capibile il ritardo di condizione di un giocatore che due giorni fa ha compiuto 36 anni. In 42 partite di regular season con i Kings, Lecavalier ha messo a segno 10 reti e 7 assist non andando mai oltre il posizionamento in terza linea e quindi un minutaggio relativamente basso rispetto ai top-players. Anche ai playoff l’impiego è stato limitato da questo fatto ma l’ex fenomeno dei Lightning ha prodotto ugualmente 1 rete ed 1 assist mantenendo la valutazione plus/minus positiva (+1). Ed ora, siamo davvero così sicuri che Lecavalier lascerà la National Hockey League dopo questi segnali incoraggianti rispetto alle ultime 2/3 stagioni? La situazione è ben diversa da quella di Pavel Datsyuk perché il giocatore dei Red Wings ha mostrato l’interesse di tornare in Russia per stare vicino alla propria famiglia mentre Vinny potrebbe comodamente trovare un’altra chance in un altro team. Purtroppo il contratto pesa perché i $4,4 milioni distribuiti col 50% tra Flyers e Kings sono abbastanza importanti per un giocatore da terza/quarta linea. L’estate porterà consiglio, certo è che la National Hockey League sta vivendo un grosso cambiamento con tutti questi addii di giocatori che hanno scritto la storia.