Era il 18 marzo del 2010. Roberto Lombardi chiudeva gli occhi per l’ultima volta. La Sla (sclerosi laterale amiotrofica) aveva da tempo preso possesso del suo corpo, senza impedirgli di coltivare fino alla fine il suo sconfinato amore per il tennis. Le sue telecronache, da ultimo in coppia con Rino Tommasi (Tommasi faceva da voce narrante, Lombardi da spalla tecnica), hanno acceso la passione del pubblico italiano, fortunatamente di diverse generazioni, mentre lo si ascoltava in religioso silenzio alternare digressioni storiche sul mondo della racchetta alla cronaca del match. Nella giornata celebrativa dei papà di tutto il mondo, anche il tennis italiano ricorda con affetto uno dei papà del racconto sportivo in televisione. Potestà genitoriale che indubbiamente gli va riconosciuta nell’aver coniato una serie di neologismi tecnici che oggi si utilizzano stabilmente nel lessico giornalistico. In particolare, rivendicava fermamente il copyright di espressioni quali “taglio sotto la palla”, “dritto anomalo”, gergo entrato nel linguaggio comune, che lui aveva elaborato con la genuina fantasia con cui i bambini di oggi immaginano i fiori “petalosi”. Son passati sei anni dalla sua scomparsa ma ancora è vivo il ricordo della sua travolgente passione. Quella con cui negli ultimi anni commentava entusiasta le partite di Roger Federer (era un grande estimatore dello svizzero, qui trovate una sua telecronaca di una partita dell’elvetico in compagnia di Tommasi: https://www.youtube.com/watch?v=56TAKkzRGtM), il cui infinito bagaglio tecnico si sposava perfettamente con la sete di inventiva linguistica di Roberto.
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L’ultimo periodo è stato tormentato. La Sla è al momento un male irreversibile, dalle cui strette è impossibile fuggire. Eppure la ha affrontata con grande coraggio, lo stesso con cui da ragazzo si fiondava a rete incurante del rischio di subire i passanti dell’avversario. Sapeva che la malattia non gli avrebbe lasciato scampo, ma lo spettatore non se ne è mai accorto. L’entusiasmo era quello di sempre, percepibile, quasi tangibile: “Rino, tira fuori i pennarelli, Federer ha fatto un altro bambino con i baffi”. A volte la smisurata passione sembrava spingere Roberto ad alzarsi da quella sedia, che invece lo inchiodava a terra negli ultimi anni di vita. Ma i limiti della sua infermità non potevano certo ostacolare l’immaginazione dello spettatore, che da quella sedia lo immaginava alzarsi realmente, travolto dall’entusiasmo (https://www.youtube.com/watch?v=zVZXIgi8w-4).
Oggi dobbiamo ricorrere all’immaginazione senza le tue parole di ispirazione, senza poter arricchire il nostro vocabolario coi neologismi che avresti continuato a coniare. Ma quel che ci hai tramandato ci spinge a credere che tu da lassù continui a seguire il tennis tanto amato col sorriso sulle labbra. Come un bambino con i baffi.