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Novak Djokovic, l’alieno tornato sulla terra

Novak Djokovic
Novak Djokovic - Foto Ray Giubilo

Dopo aver sconfitto Rafael Nadal a casa propria, conquistando un Roland Garros dal sapore di un’impresa, ed aver marciato trionfalmente sui prati di Wimbledon portando a casa il sesto trofeo dei Championships, era logico pensare (ancora) che Novak Djokovic non appartenesse alla categoria degli esseri umani. Perfettamente tirato a lucido, concentrato più che mai sugli obiettivi prefissatosi, capace di innalzare ulteriormente il livello anche quando lo stesso ambiente circostante poteva destabilizzare persino il più “freddo“ degli atleti, il serbo era pronto a tirare dritto alle Olimpiadi di Tokyo verso un Golden Slam che in molti hanno azzardato a definire “scontato”; parola bandita dai professionisti, ed in particolar modo dai tennisti, i quali sanno benissimo che di scontato ad alti livelli non esiste nulla.

Nonostante ciò, con un tabellone sgombro da grandi pericoli almeno fino alla semifinale, era quantomeno normale dare il “Djoker” come assoluto favorito della competizione per accaparrarsi il primo oro olimpico della carriera, da aggiungere ai tre tornei dello slam vinti quest’anno per comporre un mosaico straordinario riuscito solamente a Steffi Graf nella storia di questo sport.

Per il numero uno del mondo il cammino si è invece clamorosamente interrotto una partita prima, quando il tedesco Alexander Zverev si è imposto per 1-6 6-3 6-1. Il danno ha poi preso le proverbiali connotazioni della beffa, vista la successiva sconfitta rimediata contro Carreño Busta nel match valevole per il bronzo, ed il ritiro forzato dalla finale di doppio misto a causa di un problema alla spalla. Non ne esce bene Djokovic, psicologicamente e fisicamente provato anche oltre ogni previsione; inseguire i propri obiettivi può portare anche ad una perdita di lucidità, ed il dover lottare contro il caldo torrido di Tokyo nonché la fatica accumulatasi durante il corso di questa stagione non è sicuramente un toccasana in vista dell’ultimo Slam, ovvero gli US Open in programma il prossimo 30 agosto.

È normale il nervosismo, è normale la frustrazione, anzi sarebbe strano il contrario ed è assolutamente sbagliato pensare di poter gestire queste emozioni come ci si fosse abituati, proprio perché probabilmente l’abitudine in questi frangenti conta poco. Nella speranza di vederlo tornare quanto prima ad esprimere il suo miglior tennis, bentornato tra gli esseri umani, Novak Djokovic… stavamo cominciando a preoccuparci.

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