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Parla calma e serena Manila Flamini, ma da ogni sua parola traspare la voglia a fior di pelle di prendere quell’aereo con destinazione Rio de Janeiro, per coronare il sogno di una vita: partecipare ai Giochi Olimpici. Non bastano 11 medaglie europee e un bronzo mondiale per chi ha immolato la propria giovinezza alla piscina, innamorata di uno sport che richiede enormi sacrifici e lascia ben poco tempo per sé stessi. Capitano della nazionale italiana di nuoto sincronizzato dal 2009, anno del Mondiale nella sua Roma, Manila ha trascinato le sue compagne verso la qualificazione a Rio 2016 durante il preolimpico di marzo, 12 anni dopo l’ultima presenza italiana a cinque cerchi. Potrebbe essere una delle sue ultime apparizioni con la squadra, perché dall’anno prossimo Manila ha deciso di concentrarsi su qualcos’altro…
Allora Manila, manca pochissimo, è pronta la valigia per Rio?
“Eh si, mancano due settimane di allenamento ma diciamo che il lavoro più grande l’abbiamo già fatto!”
Nonostante il tuo incredibile palmarès a livello di partecipazioni internazionali è la tua prima Olimpiade. Cosa ti passa per la testa in questi giorni?
“Non vedo l’ora di arrivare lì perché è vero, di gare internazionali ne ho fatte tante, ma penso che l’Olimpiade sia un’esperienza imparagonabile. Alla fine ho partecipato a sei mondiali e le squadre con cui ci scontriamo sono sempre le stesse, ma è proprio il clima olimpico quello che sogno da 12 anni, che non ero mai riuscita a raggiungere prima e che finalmente siamo riuscite a conquistare quest’anno. Non ci aspettavamo assolutamente questa qualificazione, anzi ci eravamo quasi arrese. Ce l’abbiamo messa davvero tutta perché era il sogno di tutte. Ci siamo dette: ‘proviamoci e vediamo come và‘. Per alcune di noi era il terzo tentativo. Per Pechino era andata male, per Londra anche, siamo sempre state la prima squadra esclusa. Quindi sapevamo di non essere così lontane dal traguardo ma sapevamo anche che le nazioni davanti erano molto più forti di noi. Abbiamo lavorato tanto e alla fine siamo riuscite a lasciarci addirittura due nazioni alle spalle”.
Da capitano della nazionale avverti una responsabilità in più nei confronti delle tue compagne?
“Sì, sicuramente sento molto più il peso del risultato perché penso sempre di dover dare la carica e la forza anche alla altre ragazze, oltre che a me stessa. In tutti questi anni ho cercato sempre di incoraggiarle nei momenti di difficoltà, quando le gare non andavano bene, nei momenti di stanchezza, perché durante l’anno il carico di lavoro è davvero elevato e sia il fisico che la testa non riescono a reggere quei ritmi per 12 mesi. Ho cercato di fare sempre questo per le mie compagne”.
Quali sono le tue aspettative concrete per questa squadra?
“Per noi già il quinto posto sarebbe un ottimo risultato, però comunque stiamo lavorando per cercare di scavalcare l’Ucraina o il Giappone che sono subito davanti a noi. Poi il 24 luglio avremo la conferma della partecipazione o meno della Russia, che comunque è prima al mondo da vent’anni e sarebbe indubbiamente un avversario in meno”.
A proposito di Russia, che idea ti sei fatta di tutta la vicenda doping?
“Io sono assolutamente contro il doping e per me la Russia va punita, punto. Ovviamente è difficile dal punto di vista politico eliminare interamente una nazione forte come la Russia dai Giochi, ma se non si punisce adesso il messaggio che rischia di passare è che si può dare via libera al doping. Anche perché lo sportivo deve essere un esempio da seguire per tutti i sacrifici che fa in allenamento e in gara; se si fa vedere che si può ottenere una medaglia olimpica attraverso vie secondarie come il doping, tutto lo sport perde di credibilità”.
Le gare del sincronizzato cominciano il 14 agosto. Sarete presenti alla cerimonia di apertura?
“No, purtroppo la perdiamo perché gareggiando verso la fine dei Giochi e non essendoci posto per tutti nel villaggio olimpico, i costi per stare lì autonomamente sarebbero troppo elevati; dovremmo trovare anche una piscina per allenarci e trovare qualcuno per i trasporti. Partiamo l’8 agosto e torniamo il 20, il giorno dopo le gare”.
Come si sta svolgendo la vostra preparazione in questi ultimi giorni prima di partire?
“Stiamo limando l’esercizio, sicuramente con molta più serenità rispetto al resto dell’anno. Subito dopo la qualificazione abbiamo avuto i Campionati Europei e, quindi, non abbiamo avuto mai pausa. Mentre adesso che manca poco e il lavoro principale è stato fatto siamo molto più serene, abbiamo anche un po’ più di tempo libero”.
Avete un rituale di gruppo pre gara?
“Sì, facciamo un urlo tutte insieme con le mani sovrapposte per caricarci. Gridiamo insieme: ‘Lo voglio!‘ perché questo era il nostro obiettivo, andare all’Olimpiade”.
Hai fatto la storia italiana a Kazan vincendo la prima medaglia nel duo misto con Giorgio Minisini. Com’è nata questa collaborazione sportiva?
“Guarda, all’inizio lo avevo preso come un gioco, perché comunque era una nuova gara, non avevamo mai visto gare simili a livello internazionale e non ci rendevamo nemmeno conto di dove potevamo arrivare. Giorgio lo conoscevo di vista, lo vedevo in piscina, ma non avevamo mai nuotato insieme. Col fatto che ero impegnata anche con gli esercizi della squadra non abbiamo nemmeno avuto così tanto tempo per prepararci. Però siamo due caratteri simili, entrambi molto determinati, quindi, anche con poco allenamento, siamo riusciti ad ottenere dei grandi risultati sia l’anno scorso a Kazan, con la seconda medaglia mondiale italiana nel sincro, la prima in assoluto nel duo misto, e anche quest’anno con l’argento al Campionato Europeo. Per l’anno prossimo io e Giorgio ci dedicheremo esclusivamente alla disciplina del duo misto, quindi ci sarà molto più tempo per preparare l’esercizio e magari riusciremo a raggiungere il livello di Russia e America: sono già due anni che i loro due atleti si concentrano solo sul misto. Stiamo aspettando che diventi disciplina olimpica al più presto. Dopo 12 gloriosi anni penso di aver dato tutto quello che potevo a questa squadra; ora è giusto che mi concentri sul duo misto per cercare di raggiungere il miglior risultato possibile”.
Ritorniamo indietro nel tempo, come ti sei avvicinata a questa disciplina?
“Io ho iniziato per caso, a 10 anni. Pensa che non avevo mai visto questo sport, né in televisione né in piscina. La mia attuale dirigente di società faceva il giro delle piscine per guardare le bambine dei corsi di nuoto, io fisicamente ero portata, ero molto magra e muscolosa; lei ha contattato mia mamma per sapere se volevo fare un provino. Né io né mia mamma sapevamo di cosa si trattasse. All’inizio era veramente un gioco, perché facevo dei balletti e delle coreografie, non era molto impegnativo. Mi sono appassionata fin da subito e poco dopo ho capito che dietro c’era davvero tanto lavoro da fare”.
Come sei riuscita a conciliare piscina e vita quotidiana, ad esempio la scuola?
“Io sapevo che o andavo bene a scuola o mia madre non mi portava in piscina. È per me andare in piscina era la cosa più importante. Abitiamo anche molto lontano dalla piscina e a Roma col traffico ho imparato ben presto a studiare e mangiare in macchina per ottimizzare i tempi, altrimenti non ce l’avrei mai fatta”.
Questo è uno sport di incredibile sacrificio, ti è mai mancato qualcosa?
“Per me la cosa più importante era andare in piscina e allenarmi, lì poi avevo il mio gruppo, non mi pesava non uscire, non andare alle feste di compleanno o non frequentare i miei compagni di classe, perché per me era più piacevole andare in piscina a nuotare piuttosto che dedicarmi ad altre cose”.
Dal 2009 fai parte del Gruppo Sportivo delle Fiamme Oro. Cosa significa avere il loro supporto nella tua vita da sportiva?
“Io dovrò ringraziarli a vita perché nel nostro sport le ore di allenamento sono 9 e non sarei riuscita a studiare o a lavorare nel frattempo. Poco prima di sapere del concorso avevo preso la decisione di smettere, perché dovevo pensare anche al mio futuro. Poi si è prospettata la possibilità di aprire il settore nelle Fiamme Oro, era la fine del 2009. Così ho cominciato una nuova stagione e questo mi ha permesso di arrivare fino a qui. Altrimenti non ci sarebbe stata la medaglia al Mondiale, la qualificazione olimpica…. E poi ho la certezza che una volta terminata la mia carriera avrò uno stipendio fisso, sarò in Polizia, sarò tutelata in qualche modo. Mentre se non fai parte di un Gruppo Sportivo e smetti a trent’anni non sai davvero cosa fare, anche perché all’Università tante facoltà richiedono l’obbligo di frequenza. Inoltre, nel nostro sport più vai avanti e più il tempo per studiare diminuisce. Sulle 9 ore di allenamento tra spostamenti in macchina, pranzo e cena, non ti rimane nulla della giornata”.
Ultima domanda. Make up e costumi sono una parte fondamentale della presentazione generale. Chi li sceglie e chi vi trucca?
“Facciamo tutto noi, perché spesso abbiamo pochissimo tempo tra il riscaldamento e la gara; ormai facciamo tutto molto velocemente, ci trucchiamo a vicenda e ci aiutano anche le allenatrici. E poi con l’abitudine di tanti anni, contando anche il tempo per fare la crocchia, cioè l’acconciatura con la gelatina, un quarto d’ora e siamo pronte! Sono abitudini pre gara che ci rilassano molto, soprattutto a me. Per quanto riguarda i costumi, la nostra allenatrice ci propone qualche disegno o se la squadra ha un tema cerchiamo di studiare qualcosa che già al primo impatto faccia capire ai giudici di cosa si tratta. Poi tutte insieme prendiamo le decisioni. Qualche volta sono anche io a disegnare i modelli, mi piace davvero molto pensare ai costumi. Chissà, magari un giorno potrei trasformarlo in un lavoro vero…”.