Editoriali

L’Italnuoto a Copenaghen risponde presente: nessun comprimario, tutti protagonisti

Matteo Rivolta e Piero Codia - Foto Sportface

Diciassette medaglie, un record europeo, undici record italiani, quarantadue primati personali. In vasca c’è un’Italia che vince e che non fa rima con Pellegrini e Paltrinieri. E’ l’Italnuoto delle facce diverse, in qualche caso nuove, sicuramente belle. Quelle di Luca Dotto e Marco Orsi, che forse un po’ ci attendevamo sul podio, ma anche di quelle impreviste di Simone Sabbioni e Matteo Rivolta, a cui si aggiunge il ritorno di Fabio Scozzoli.

Eccoli i numeri azzurri dell’Europeo in corta di Copenaghen. Un dato su tutti: una medaglia al collo se la sono infilata quindici nuotatori sui trentasei che hanno composto la spedizione in Danimarca. Segnale di un movimento che cresce e si fa largo, prendendosi finalmente un palcoscenico meritato: se ci mettiamo l’assenza di Detti, un Paltrinieri versione diesel e una Pellegrini sul podio solo con la staffetta… beh, c’è di che essere ottimisti. D’accordo, parliamo pur sempre di un campionato in vasca corta e per giunta a metà strada verso i Giochi del 2020, ma era importante essere lì a sgomitare con i più forti del Continente che legittimamente hanno rifiatato ma non hanno certo regalato piazzamenti.

CONFERME E NUOVE CONSAPEVOLEZZE – L’Italia c’è. E si conferma. Come Dotto, che dopo l’oro europeo di Londra 2016 si prende anche quello sui 25 metri. Come il bomber Orsi, che magari cambia specialità (stavolta tocca per primo sui 100 misti invece che sui 100 stile), ma ritorna in carreggiata dopo un anno di delusioni e sofferenze anche fisiche. Come Scozzoli, finalmente a pieno regime e recuperato dall’infortunio a un ginocchio che lo ha condizionato a lungo. Insomma, non chiamiamola Italia B. Soprattutto perché, al di là dei risultati, è stato l’atteggiamento a fare la differenza. Concentrazione e sacrificio, queste le parole d’ordine e le nuove consapevolezze. Chi è andato a Copenaghen ha nuotato a testa bassa e senza distrazioni, e la concretezza e’ esplosa con le medaglie di Ilaria Bianchi e Piero Codia, solo per citare due dei più solidi. Un gioco di squadra che ha dato i suoi frutti con il terzo posto nel medagliere generale, dietro Russia e Ungheria, ma la leadership nella classifica per nazioni con 959 punti.

DAL TRIS D’ASSI ALLA SCALA REALE – Certo, poi ci sono le individualità ma in questo Europeo hanno lasciato spazio, come da previsioni della vigilia, al gruppo tutto nuovo che ha pure nominato Federico Turrini neo capitano dell’era post Magnini. Per quanto riguarda il tris d’assi, Pellegrini è ormai calata nella nuova veste da velocista (anche se il presidente Barelli, e non solo lui, è pronto a scommettere su un ritorno di fiamma per i 200 metri) ed è logico non aspettarsi risultati eclatanti a stretto giro. Paltrinieri ha scelto l’Australia per dare inizio al ciclo olimpico verso Tokyo 2020, e l’argento nei 1500 dietro a Romanchuck ha il sapore della differente preparazione. Detti patisce per una infiammazione a una spalla e ha abbassato il ritmo forsennato degli ultimi mesi, con il tour de force estivo culminato con varie tappe di Coppa del Mondo. Insomma, è il momento del time out: basta con i comprimari, ora sono tutti protagonisti. In attesa, ovviamente, che giovanissimi e millennials (Thomas Ceccon su tutti) facciano la loro parte. A Glasgow, nell’agosto 2018, sarà di nuovo Europeo. E magari, più che un tris d’assi potremo mettere sul piatto una scala reale.

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