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Dopo milioni di remate nell’arco di vent’anni, ha visto la strada sbarrata proprio sul più bello, a un passo dall’approdo alla quarta Olimpiade. Niccolò Mornati, canottiere lecchese, tuttavia non si arrende, e rompe il muro di silenzio degli ultimi tre mesi in questa intervista esclusiva a Sportface.it: vuole andare a fondo nella vicenda che l’ha coinvolto – positività all’anastrozolo, un farmaco proibito – perché il remo è ormai attaccato al chiodo, ma l’armo ancora in balia della tempesta.
Un colpo durissimo, quattro anni di squalifica, dal quale è difficile rialzarsi.
“Questa sentenza è difficile da accettare, sono molto amareggiato per come è andata. È sproporzionata: quando il giudice raddoppia la richiesta della Procura, è un caso più unico che raro. È stata ignorata l’involontarietà nell’assunzione dell’eventuale sostanza. Stiamo aspettando le motivazioni della sentenza, le avremo entro un mese”.
Farete ricorso in appello alla seconda Sezione del Tribunale sportivo.
“La cosa che più mi ha lasciato deluso è che il Tribunale non abbia voluto andare a fondo, ad esempio nominando un perito terzo che valutasse la nostra perizia e quella dell’accusa, perché sono due tesi scientificamente contrapposte. Non c’è stata attenzione all’atleta, che dovrebbe essere sempre tutelato e al centro del processo, come previsto dal codice della Wada, e al quale viene chiesto di fornire una versione possibile, spettando a lui l’onere della prova”.
Dopo una carriera di alto livello come la tua, a 35 anni, spiace ricevere notifica della squalifica tramite una mail dalla federazione.
“Decisamente. Ti fanno pensare che l’atleta non sia al centro, ma solo uno strumento. Sei in balia di un giudizio in cui prevale il dogma della macchina”.
Nel campione è stato trovato anastrozolo per 0,5 nanogrammi…
“L’esame è qualitativo e dunque devo essere obiettivo, non conta la quantità. Sarebbe stato lo stesso, paradossalmente, con un grammo. Ma allo stesso tempo non si può ignorare che siamo al limite della sensibilità della metodica di rilevamento, e questo può essere indice di assunzione volontaria o meno, non escludendo secondo il consulente di biologia molecolare, professor Zolla, e l’endocrinologo professor Isidori, una possibile contaminazione o biotrasformazione. La nostra tesi si basa proprio su un integratore che al 75% possiede una molecola simile a quella dell’anastrozolo, mentre il 25% può essere biotrasformato spontaneamente dall’organismo”.
A questo punto non hai nulla da perdere. Vuoi andare fino in fondo.
“La mia carriera parla per me: non mi sono mai “drogato”, ho una carriera di vent’anni alle spalle che parla per me, fatta di sacrifici, lavoro e lotta contro il doping. Mi sono laureato, ho curato il marketing per la federazione: il canottaggio non è stato solo un terreno di conquiste sportive, l’ho vissuto per migliorarmi come uomo. Ora però sono stati messi in discussione i miei valori personali, e non posso accettarlo”.
Il direttore tecnico La Mura è stato molto duro sul tuo caso: ha parlato apertamente di “complotto”
“Lo ringrazio, mi conosce da vent’anni e so la stima che nutre nei miei confronti. Ha lanciato un sasso pesante, e credo che proprio per questo la questione vada approfondita. Devo ringraziare le tante persone che, soprattutto attraverso i social network, mi stanno dimostrando il loro sostegno e la loro incredulità per la squalifica”.
Rinuncerai a Rio, ma quanto ti dispiace chiudere così la tua carriera?
“Dico la verità: andavo a Rio sapendo che avrei terminato la mia carriera, ero tornato per questo quadriennio quasi per gioco, e dunque a cuor leggero. Certo, avrei speso ogni goccia di sudore per dare il meglio, ma non avrei mai avuto la necessità di barare. È stata messa in ballo la mia vita, professionale e di atleta, e lo sport passa in secondo piano”.