Editoriali

Dal biscotto scandinavo alla rabanada: la vendetta italiana si consuma a tavola

La tifoseria svedese, tra le più colorate di questo Europeo - Foto ulrich_berkner CC BY 2.0

La partita scatta alle ore 15.00. Trombette e fischietti prendono il posto che, a quell’ora, spetta al gorgoglio della macchinetta del caffè. Magari seguito dalla croccantezza di un dolcetto di accompagnamento. Gli scaramantici, però, rinunciano: il biscotto, quando in tv c’è Italia-Svezia, evoca brutti ricordi.

Nel 2004, il 2-2 tra Svezia e Danimarca – unico risultato possibile, nonché difficilissimo da portare fino al novantesimo – condannò l’Italia di Antonio Cassano all’uscita dall’europeo in Portogallo. Tutti parlarono di biscotto scandinavo, di un accordo tra le due formazioni nordiche, di una beffa che metaforicamente assunse le fattezze di un frollino al burro, di quelli che, in Italia, vengono venduti nelle classiche scatole di latta rotonde.

Dodici anni dopo, qualche centinaio di chilometro più in là, la vendetta italiana è compiuta. E allora ci si può davvero sbizzarrire con i parallelismi, con le immagini gastronomiche, con tutti i biscotti (dolci o salati) che resteranno indigesti agli svedesi.

Certo, il primo tempo non è stato dei migliori. Si può parlare, in questo caso, di una galletta insipida, di quelle al riso che i fanatici del fitness mangiano per spezzare l’appetito senza guastare la linea. Senza sapore sono i lanci di Leonardo Bonucci, eletto troppo prematuramente regista arretrato dopo l’assist a Emanuele Giaccherini nella prima partita; sciape le giocate del reparto offensivo che non riesce a sfondare e che si sbriciola, proprio come una galletta cotta troppo, contro gli energici difensori scandinavi.

Il secondo tempo è un’altra cosa. L’amaretto lo serve Marco Parolo, lombardo anche lui come il dolciume tipico di Saronno. La sua traversa ha quel sapore un po’ stucchevole, che lascia sempre la bocca impastata: poteva andare meglio, il dessert non è ancora completamente in tavola.

L’azione decisiva, però, alla fine arriva. Il colpo di testa di Simone Zaza è un vero e proprio tarallo allo zafaràn, il biscotto salato che in Basilicata (terra d’origine dell’attaccante) si prepara con la polvere dei peperoni essiccati al sole. La punta, subentrata a Graziano Pellè, si contorce per andare a spizzare il pallone verso Eder, assecondando la forma immaginaria del biscotto della sua terra e, perché no, il suo sapore deciso e un po’ piccante.

La serpentina che porta il giocatore italo-brasiliano al tiro, poi, è una vera e propria rabanada, un dolce tipico carioca, fatto di pane raffermo, uova, zucchero e cannella. Materie prime povere e di recupero, un po’ come questa Italia senza fuoriclasse e in là con l’età media dei suoi giocatori. Una giusta cottura, però, e una buona combinazione di ingredienti danno al dolce brasiliano e a questa nazionale un interessante sapore zuccherino.

Il brigidino, poi, è l’ultimo dolce indigesto per gli svedesi. Giorgio Chiellini, autore di una prestazione maiuscola, rende più croccante la vittoria e puntella una difesa che vacilla soltanto negli ultimissimi respiri del match (quando si rischia un rigore contro). Una sfornata di prelibatezze, insomma, che difficilmente Zlatan Ibrahimovic e compagni dimenticheranno facilmente.

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