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C’è una certa eleganza, mista a potenza nel modo di correre di Sonny Colbrelli. E in quello di affrontare, con lo spirito giusto, le sfide che gli si parano davanti. Il velocista della Bahrein Merida si presenta al foglio firme della Milano-Sanremo come unico italiano ad aver vinto, nel 2017, una corsa World Tour e con una gran condizione nelle gambe. Del resto, basta riguardarsi gli ultimi fotogrammi della volata di Amilly, seconda tappa della Parigi-Nizza: uno sprint infinito, portato a casa con il cuore e con i denti stretti, al termine di una gara disputata in mezzo ai capricci del meteo, nel cuore della Francia. Dietro, ad arrancare, due del calibro di John Degenkolb e di Arnaut Dèmare. Il belga e il francese che, nel 2015 e nel 2016, hanno alzato le braccia sul traguardo di via Roma. Un segno del destino?
“Sono davvero contento del mio stato di forma in vista della Milano-Sanremo – ci dice Colbrelli – e sono soddisfatto di come è iniziata questa stagione: mi ha fatto piacere essere il primo italiano a vincere una corsa World Tour quest’anno”. E la classicissima di primavera arriva proprio in una congiuntura favorevole per il 26enne di Desenzano del Garda: non spaventano i quasi 300 chilometri, non spaventa la particolarità della corsa, non spaventano le sue asperità.
“È davvero aperta a ogni tipo di soluzione, anche perché, dopo 300 chilometri, le gambe sono uguali per tutti o quasi. L’importante sarà non farsi sorprendere e restare nelle prime posizioni del gruppo sulla Cipressa e sul Poggio: è fondamentale per evitare la fatica di dover rimontare in salita”.
Cipressa e Poggio: la chiave tattica della Sanremo è questa, non c’è mistero. E Colbrelli sembra averla studiata per bene, imparando a conoscerne i minimi dettagli: “Sarà importante restare concentrati e non commettere l’errore di tre anni fa, quando attaccai in fondo alla discesa del Poggio. È senz’altro uno dei più bei ricordi personali legati alla Milano-Sanremo, ma è stato frutto di una tattica sbagliata. Un’emozione forte, comunque”.
All’epoca, Colbrelli correva per la Bardiani CSF e si piazzava al sesto posto (miglior risultato personale alla Sanremo) nel giorno di Alexander Kristoff. Oggi, è il velocista della Bahrein Merida, squadra World Tour, compagno di Vincenzo Nibali, catapultato in una dimensione completamente diversa: “Sono in un grande team – sottolinea Colbrelli -, una squadra che mi dà sempre la carica giusta e che è consapevole delle mie potenzialità. Questo aspetto conta moltissimo per me”.
La compattezza del team può dargli quella serenità giusta nell’affrontare le volate. Una cosa che non capita a tutti i velocisti italiani, costretti molto spesso a costruirseli gli sprint, andando a cercare le ruote degli avversari più che dei compagni di squadra nei concitati, ultimi metri dei rettilinei finali: “In Italia ci sono ottimi sprinter – afferma Colbrelli, difendendo la categoria -, da Giacomo Nizzolo a Elia Viviani, passando per il giovane Jakob Mareczko. Tuttavia, nelle grandi corse come la Milano-Sanremo non conta solo essere veloci, ma è importante saper correre e sprecare il giusto quantitativo di energie. Poi, per battere i velocisti stranieri, c’è bisogno anche di una gran tattica”.
Già, i velocisti stranieri. La loro potenza si abbatte come una scure sulle volate. Per questa Milano-Sanremo, Colbrelli cala un tris d’assi e indica i suoi favoriti: “Ci sono tanti avversari con cui confrontarsi, perché stanno andando davvero tutti fortissimo. Io, però, faccio tre nomi su tutti: Peter Sagan, Arnaut Démare e Fernando Gaviria. Sono quelli che sembrano avere una marcia in più anche se, ripeto, dopo 300 chilometri tutto è possibile”. Per fare poker, manca un’altra carta. Colbrelli non la svela, ma è un falso segreto: il 18 marzo sarà lì a giocarsela con i migliori.