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È l’unico italiano a poter spolverare, nella stessa bacheca, i trofei vinti al Giro delle Fiandre (2002) e alla Parigi-Roubaix (1999). Anzi, sulla pietra che viene consegnata al vincitore della corsa francese, ci ha costruito la sua casa. Alla vigilia delle Ronde 2017, Andrea Tafi tira fuori dal cassetto i ricordi e cerca di trasmettere alle nuove generazioni di appassionati il fascino delle grandi classiche del nord Europa. Il corridore originario di Fucecchio, 51 anni ancora da compiere, ricorda ogni singolo metro di quelle corse che lo hanno consacrato nell’Olimpo dei corridori italiani di tutti i tempi.
“Il Giro delle Fiandre – ricorda Tafi – non è una corsa come le altre. Direi, piuttosto, che sono tante corse in una. Ha un fascino tutto suo, ha un pubblico eccezionale, ha un percorso entusiasmante. Tutti questi ingredienti la rendono una delle classiche monumento del ciclismo mondiale“.
Tafi ha saputo cogliere l’unicità di questa corsa, ha saputo capirla, è riuscito a domarla con un colpo di frusta negli ultimi 4 chilometri. In quel 2002, dopo sei tentativi, è andato via ai suoi diretti avversari, gente del calibro di Peter Van Petegem, Johan Museeuw, George Hincapie e Daniele Nardello (compagno di squadra e complice in quella sua strepitosa affermazione). Dopo qualche pedalata con il rapportone ben assestato, il divario è diventato incolmabile e la sua maglia multicolore delle Mapei imprendibile: “Fu una vittoria inaspettata – afferma Tafi – ma voluta fortemente soprattutto nell’ultima parte di gara. Un onore immenso per me, la giornata perfetta, grazie anche a una grande squadra. Eravamo un gruppo davvero coeso“.
Dalla sua vittoria al Fiandre, sono passati ormai 15 anni. Eppure, se Andrea Tafi lo corresse oggi, saprebbe ancora dove scattare: “Preferirei allungare sul Paterberg, perché si trova a dodici chilometri dall’arrivo. Ma io sono stato uno che non si è mai spaventato di partire da lontano. Sono molto contento che quest’anno il Fiandre ripasserà sul muro di Grammont, perché è un luogo simbolo della corsa: ha fatto la storia del Giro delle Fiandre“.
Gli appassionati di ciclismo, quest’anno, si ritroveranno alla partenza uno straripante Greg Van Avermaet, a mille dopo il successo nella Gent-Wevelgem di domenica scorsa: “Sta attraversando un momento di forma eccezionale. Può dire la sua sia nel Fiandre, sia nella Roubaix, ma vincere la corsa fiamminga per un belga ha un significato in più. Sarà senz’altro lui l’uomo da battere domenica“.
Al capitolo azzurri, Tafi inserisce il nome di un giovane promettente: “In questo ambiente, lo scorso anno, ho visto pedalare bene Gianni Moscon. Spero che sia in ottime condizioni per provare a centrare una posizione importante in questi due fine-settimana. Poi, ci sono tanti corridori italiani interessanti a cui però, forse, manca un pizzico di esperienza. Forse manca ancora un piccolo gradino per poter ripetere le annate spettacolari del nostro ciclismo, quelle di Chiappucci, Cipollini, Pantani, Bartoli, Bettini. Mi auguro che in futuro questa stagione del ciclismo azzurro possa ripetersi e possa portarci grandi soddisfazioni“.
Guai, dunque, a decretare – come ha fatto di recente Mario Cipollini in un’intervista a Libero – la morte del ciclismo italiano. “Non scherziamo: io questa cosa qui non voglio nemmeno pensarla – conclude Tafi – Vedo tanti talenti azzurri in giro e sono convinto che tra qualche anno, quando raggiungeranno la loro completa maturazione, potranno essere definitivamente pronti per le gare di altissimo livello“.
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