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La mossa Pioli, i capolavori Maignan e Theo: Maldini e Massara lasciano un Milan dalle ambizioni ritrovate

Paolo Maldini
Paolo Maldini - Foto LiveMedia/Ettore Griffoni

Chi segue i comunicati e i report, lo avrà notato: Paolo Maldini e Ricky Massara di allenamenti del Milan ne hanno saltati veramente pochi in questi anni. Un modo per seguire da vicino ogni dinamica della squadra, per avvicinare emotivamente dirigenza e spogliatoio e per assicurare alla rosa una pressione positiva sotto gli occhi di chi la storia del Milan l’ha già scritta. Con l’addio dei due uomini dell’area sportiva, la società rossonera dovrà gestire una mancanza che potrebbe preoccupare nell’immediato tifosi e squadra, alla luce di un rapporto splendido tra giocatori e dirigenti. La rottura si sarebbe consumata dopo l’incontro di pochi giorni fa tra il dt rossonero e il numero 1 Gerry Cardinale, in cui sono emerse divergenze sulle scelte di mercato passate e future. Un potenziale danno d’immagine agli occhi della tifoseria, visto che la presenza di Maldini in società è sempre stata vista come una garanzia: “Se ci devo mettere la faccia, il cuore e la passione, perché so come sono fatto, lavorerei 24 ore su 24, 365 giorni all’anno per la causa, lo voglio fare per un progetto realmente serio”, disse nel 2016 prima di valutare la proposta dell’allora del Milan della proprietà cinese. E arrivò un no secco.

Ad un anno dal rinnovo biennale, così, Maldini lascia il club della sua vita per la seconda volta in carriera, dopo il ritiro da calciatore. Nove anni dopo quel giro di campo, il 5 agosto 2018 viene annunciato come direttore dello sviluppo strategico dell’area sport sotto la proprietà Elliott e un anno dopo prende la carica di direttore dell’area tecnica. Il percorso è lungo e ricco di ostacoli, ma la quadratura perfetta nei ranghi dirigenziali viene trovata con Ricky Massara. L’ex uomo di fiducia di Walter Sabatini entra nell’area sportiva del Milan nel 2019 e, come Maldini, viene confermato successivamente anche da Red Bird. Nel 2019 la scelta di puntare su Marco Giampaolo si rivela sbagliata, ma la mossa di riserva su Stefano Pioli cambia la storia recente del Milan. L’inizio non è facile, ma da marzo 2020 il Milan inizia a collezionare successi. E quando sembrava ormai una formalità la virata per l’estate su Ralf Rangnick, ecco che il profilo di Pioli passa dall’identikit di traghettatore a quello di allenatore del futuro. Nel cammino del Milan verso lo Scudetto del 2022, il coraggio di puntare su Pioli è stato un passo chiave, come lo è il percorso di continuità con alcuni nuovi acquisti.

Gli arrivi di Leao, Theo Hernandez e Bennacer nel 2019, di Sandro Tonali nel 2020 sono dei capolavori. Tutti non al livello dell’affare principale: Mike Maignan in sostituzione di Gianluigi Donnarumma nel 2022. Migliorare tra i pali sembrava una missione impossibile, invece Massara riuscì a chiudere un affare da top player (anticipando il suo ex club, la Roma). Di fatto il mercato è stato il motore del Milan di Pioli e quando si è inceppato qualcosa, anche il rendimento stagionale è risultato inferiore alle aspettative (ma la semifinale di Champions rimane comunque un tassello di una crescita ormai certificata a certi livelli). Solo quattro i gol provenienti dagli acquisti per la stagione 2022/2023 (Pobega e Origi 2 a testa). Zero invece dal colpo principale, Charles De Ketelaere. Ma il belga – a 22 anni – rappresenta un investimento e il futuro dirà se è stato giusto o meno. Questo Milan ha saputo aspettare Leao e Tonali e dovrà fare lo stesso anche con il trequartista ex Club Brugge. Al di là delle visioni diverse, almeno questa filosofia non dovrà essere dispersa.

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