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Andrea Pirlo è stato per anni il regista della Nazionale italiana ed ha illuminato molti match con le sue capacità nella lettura del gioco e nelle sue qualità balistiche sulle punizioni. Ora l’Italia è alla ricerca di qualcuno che possa essere un suo erede o che almeno possa caricarsi sulle spalle il gioco di una squadra che sta facendo spazio a diversi giovani grazie alle scelte di Gian Piero Ventura.
In un’intervista al Corriere dello Sport l’ex centrocampista di Milan e Juve esprime il suo parere su Marco Verratti, che da molti è stato indicato come il prescelto a coprire il ruolo di regista: “Mi piace molto Verratti ma non gioca come me”. Molta la scelta a disposizione del commissario tecnico ma nessuno convince il campione del Mondo 2006 in quello che è il suo ruolo: “Ci sono tanti giocatori bravi, ma non sono “registi” come lo sono io. Mi piace Gagliardini dell’Inter, ma ha un ruolo differente dal mio. Il regista è ormai raro, e per me è un peccato”.
La nazionale italiana è costellata da giovani di buone speranze e che possono portare buoni risultati nel futuro: “A parte Verratti, che ormai è già affermato, mi piacciono Berardi, Gagliardini, Donnarumma, Rugani, Di Francesco, Chiesa, Bernardeschi. E poi mi piace molto Belotti. È una generazione di qualità. Capita, nel calcio”.
Andrea Pirlo ha anche parlato di Mario Balotelli e di quello che può non aver funzionato nella gestione del suo talento:“Gli è stata data troppa importanza quando era giovane. Tutti aspettavano la sua consacrazione invece, purtroppo, non ha mai potuto tirar fuori quello che forse ha ancora dentro. Secondo me c’è stata troppa pressione su di lui, ma anche troppe aspettative.Solo che in Italia è così. Quando uno è bravino lo vogliono fare diventare un fenomeno per forza. Si aspettano forse tutti il nuovo Pallone d’Oro. Invece il calcio è duro, devi lavorare tutti i giorni, devi confermarti in tutte le partite”.
Il tratto distintivo di Pirlo è sicuramente la sua capacità di tirare le punizioni, la famosa ‘maledetta’ che ha richiesto tanta applicazione e tanto lavoro: “Ho iniziato in casa con quella pallina di spugna. Tiravo sopra il divano e cercavo di metterla nell’angolo della finestra. Poi ho iniziato a cambiare il tipo di tiro quando ho visto Juninho del Lione che calciava in un modo strano. Mi sono detto: come fa questo a tirare così? Allora l’ho guardato ripetutamente e poi mi sono messo lì da solo, al campo a Milanello, e ho iniziato piano piano a tirare, a provare e ho trovato una mia punizione”.
Pensiero alla delusione più grossa da calciatore, la sconfitta in finale di Champions League a Berlino contro il Barcellona: “è il rimpianto più grosso. Per il resto ho realizzato tutti i miei sogni. La Juve è attrezzata per vincerla quest’anno. È all’altezza delle altre, se non di più. E’ più compatta tatticamente e può arrivare sicuramente in fondo”.
Ultime due battute una sul futuro incerto che però non sarà da allenatore: “Adesso come adesso no. Poi magari stai fermo tre o quattro mesi, ci pensi, vedi che tutti i tuoi compagni tutti i miei amici sono tutti diventati allenatori anche quando dicevano che non lo avrebbero mai fatto, e ci pensi davvero” e un omaggio a Mazzone: “Mazzone era bravissimo. Io ero andato sei mesi in prestito. Lui mi aveva chiamato per parlare con me. Lui diceva che voleva farmi giocare con Baggio. Baggio davanti e me dietro. Mi diceva che mi vedeva un po’ regista alla Falcao. E infatti è stata una sua grandissima intuizione, quella di mettermi in quella posizione del campo”.