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“A Rio sono entrata per la prima volta in medal race al comando della classifica, non mi era mai capitato. Volevo vincere la regata e ho provato a farlo, ma avrei dovuto limitare i danni. Ovviamente ora, con l’esperienza fatta, affronterei la gara in modo diverso per vincere una medaglia”. C’è ancora un pizzico di delusione nelle parole e nelle espressioni di Flavia Tartaglini. È passato esattamente un mese da quella domenica che avrebbe potuto regalare alla velista romana una medaglia ai Giochi Olimpici di Rio de Janeiro, e invece si è trasformata in un incubo.
Dal primo posto provvisorio, conquistato con fatica nelle 12 regate di qualificazione, alla sesta posizione finale a causa di una medal race interpretata in modo sbagliato e chiusa all’ottavo posto. “A sangue freddo fai delle analisi che quando sei lì non riesci a fare, anche perché quando ti giochi una medaglia con altre sei atlete è difficile fare dei conti – racconta Flavia in esclusiva ai microfoni di Sportface.it (ascoltate l’audio in fondo all’articolo) – La medal race va giocata matematicamente, non tenendo conto di cosa vorresti fare per vincere: è meglio mettersi in mezzo alle altre, così hai meno possibilità di perdere la medaglia. Ecco, invece di fare una gara su me stessa e sul vento, per vincere l’ultima regata, avrei dovuto limitare i danni”.
Il rimpianto è grande, anche ricordando quanto successo alla russa Stefaniya Elfutina, prima con lo stesso punteggio della Tartaglini dopo le 12 regate di qualificazione: partita subito con una penalità nella medal race, la giovane russa è stata capace di risalire fino al settimo posto che le è valso il bronzo. “La penalità ricevuta in avvio ha influito sulla sua gara – osservato la Tartaglini – perché quando hai una botta di adrenalina così forte, uno choc del genere, spesso riesci a reagire. Era successo anche a me qualche giorno prima: avevo vinto una regata dopo esser partita con 44 secondi di ritardo. La Elfutina ha vinto un bronzo solo seguendo la flotta”.
La Tartaglini invece ha scelto una tattica aggressiva, abbandonando il gruppo per navigare da sola sul lato dove però il vento non è mai arrivato. Una scelta forse legata all’inesperienza sul palcoscenico olimpico, per la prima volta conquistato dalla romana? “Questo, in realtà, ha influito positivamente su diversi aspetti – rivela Flavia, intervenuta alla cerimonia di premiazione degli atleti olimpici delle Fiamme Gialle, a Roma – Alla vigilia non avevo una grossa aspettativa di medaglia e questo mi ha aiutato a dare ogni giorno il massimo senza avere grosse ambizioni e restando con i piedi per terra. Ovviamente guidare la classifica per tutta la settimana mi ha comportato un dispendio energetico notevole. Di solito entro in medal race dalla settima, ottava posizione e faccio il colpo gobbo salendo sul podio”.
Stavolta, invece, è andata diversamente: “Quando hai l’esperienza alle spalle è più facile affrontare le gare”. In Brasile la 31enne Flavia, dopo tante olimpiadi guardate alla televisione “chiusa” dal mito Alessandra Sensini, ha fatto la sua esperienza. A Tokyo mancano quattro anni e la Tartaglini prende tempo: “Vediamo”, sorride ripetendo le parole pronunciate a Rio. Con la delusione alle spalle, però, il Giappone non sarà più cosi lontano.
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