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Simona Halep è la terza forza del tennis femminile che si presenta alle Finals di Singapore, il Master della WTA che ancora una volta avrà luogo dalla prossima domenica nella metropoli asiatica. La rumena è arrivata all’appuntamento finale con buone speranze, in seguito ad una lunga serie di risultati positivi solo rovinata dal grosso passo falso nel Premier Mandatory di Pechino.
Simona è stata protagonista, assieme al suo coach ormai apparentemente stabile Darren Cahill, di una stagione di buon livello, ancora una volta di buona costanza, sebbene martoriata da qualche problema fisico che ha rovinato i primi mesi dell’anno. Così, con 42 vittorie a fronte di un terzo esatto di sconfitte, la rumena ha chiuso la Road to Singapore al 3° posto (sarebbe stata 4a, ma Serena non va come era prevedibile al Master) con 4728 punti, sostanzialmente frutto di un’estate di primissimo livello.
La stagione. Infatti, i primi mesi dell’anno hanno portato più delusioni che gioie. Si comincia con una semifinale nel Premier di Sydney (perso da Kuznetsova) ed un clamoroso primo turno agli Australian Open, quando venne sconfitta da Shuai Zhang, che cominciò con la Halep la sua memorabile cavalcata verso i quarti di finale. Si scoprì che furono problemi fisici a martoriare la preparazione della rumena alla nuova stagione: tra gli altri, un’infezione al naso sembrava dover addirittura richiedere un intervento, poi rinviato (forse scegliendo la migliore strada).
Alla trasferta australiana hanno fatto seguito due sconfitte al primo turno nei Premier del Medioriente, prima per mano della Ivanovic e poi dalla Vesnina. Finalmente, i primi squilli di tromba sono stati suonati con la trasferta statunitense per i Premier Mandatory di Indian Wells e Miami: niente di trascendentale, due quarti di finale raggiunti (sconfitte rispettivamente da Serena e da Bacsinszky), ma primi veri segnali di un cambio di rotta in un 2016 opaco. A quelli, ha fatto poi seguito il miglior risultato stagionale per punti conquistati, cioè il trofeo nel terzo Premier Mandatory stagionale, quello sulla terra anomala di Madrid, dove in finale la Halep sconfisse la Cibulkova, senza però mai incontrare una top20 sul suo cammino (ovviamente, non è colpa della rumena, brava a sfruttare la situazione).
Ancora ombre hanno caratterizzato poi la stagione di Simona, che cambierà rotta violentemente solo da Wimbledon. A Roma è saltata al primo turno sotto i colpi della Gavrilova, a Stoccarda ha ottenuto lo stesso risultato a causa dell’ispirata Siegemund e poi al Roland Garros ha dovuto fare i conti anche con una meteorologia particolarmente avversa, che ha reso i campi di Parigi un pantano lentissimo, e che ha ostacolato fortemente la Halep nel suo quarto turno contro la Stosur, perso in due set.
E si è arrivati finalmente a Wimbledon, dove la costanza (città natale e migliore caratteristica della Halep) le ha permesso di mettere a segno un importantissimo filotto di risultati. Simona ha ottenuto i quarti di finale ai Championships, perdendo solo dalla futura numero 1 al mondo Angelique Kerber, prima di dar seguito a questo risultato con un filotto di 13 successi consecutivi, che le hanno permesso di vincere l’International di casa a Bucarest, di conquistare il Premier5 di Montreal e di ottenere la semifinale a Cincinnati, ancora una volta sconfitta dalla Kerber (battuta invece a Montreal).
Con una Serena non al meglio e una Kerber già sconfitta in stagione, gli Us Open potevano sembrare, finalmente, la svolta anche della carriera, ancora mancante del primo Slam: Simona ha giocato ancora una volta bene, ancora una volta si è issata fino ai quarti di finale, ma un primo set dominato contro Serena non è bastato a vincere la partita. Ancora una volta, stop ai quarti di finale. Sul finale di stagione, un’altra ottima semifinale a Wuhan, battuta dall’ispiratissima Kvitova, prima di un grosso passo falso a Pechino, nel Premier Mandatory, dove per la seconda volta in stagione è la Zhang a fermarla, al terzo turno, questa volta per netti demeriti della rumena, apparsa decisamente svogliata, stranamente svogliata, visto il prezioso tabellone che le si era aperto davanti.
Lati positivi. Costanza e risultato finale sono certamente un plus della stagione di Simona Halep. Nonostante i primi mesi molto difficili, la rumena ha vinto un Premier Mandatory ed un Premier5, ha ottenuto due quarti di finale slam perdendo solo da Serena e dalla Kerber, ha ottenuto almeno i quarti di finale in 6 degli ultimi 7 tornei, è stata l’eroina in casa nel torneo di Bucarest. Quindi, con un handicap di svariati tornei, la Halep probabilmente non chiuderà l’anno al di sotto della quarta posizione. Inoltre fisicamente è in ottima forma, cosa che non condivide con molte altre giocatrici a Singapore.
Lati negativi. Niente slam, nemmeno semifinali slam ed i punti deboli del suo gioco sono sempre gli stessi. Certo, abbiamo applaudito ai due quarti di finale slam in stagione, ma forse una giocatrice con le potenzialità della Halep dovrebbe spingersi un po’ più avanti in almeno un paio di occasioni. Sembra forse ancora soffrire della pressione di doverlo per forza vincere questo slam? E purtroppo il gioco di Simona presenta ancora una pecca di dimensioni enormi: con gli angoli che riesce a creare e con le aperture di campo disponibili nel suo gioco, chiudere i punti a rete per evitare di restare incastrati da fondo a far fare il tergicristallo è vitale, ma Simona ha letteralmente paura della rete, dove è un discreto disastro. Correre a rete e fare una volée, sembra banale, sarebbe un salto di qualità assoluto per lei (forse proprio quello che manca a diventare numero 1?).
Alle Finals. Con la seconda parte di stagione giocata, e con la superficie presente a Singapore, Simona Halep è probabilmente la seconda favorita al titolo, dietro ad Angelique Kerber e sullo stesso livello di Cibulkova e Radwanska. Passare le forche caudine del round robin è il minimo sindacale richiesto.