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Wimbledon 2022, day 11: la finale femminile è una poltrona per tre

Ons Jabeur
Ons Jabeur - Foto LiveMedia/Rob Prange/DPPI

Neanche il tempo di metabolizzare la folle impresa di Rafael Nadal, che il day 11 di Wimbledon impone di porre l’attenzione sulle due semifinali femminili. La tunisina Ons Jabeur e la tedesca Tatjana Maria apriranno le danze sul Centre Court a partire dalle ore 14:30 italiane. A seguire toccherà alla rumena Simona Halep, opposta alla kazaka Elena Rybakina. Due favorite, un’outsider, storie che s’intrecciano ma soprattutto tanti spunti interessanti dal punto di vista tattico. Andiamo ad analizzare nel dettaglio le due sfide.

ALORS ‘ONS’ DANSE – “Perdiamo sempre nei quarti di finale di uno Slam. Siamo stanchi. Per favore: interrompi questa tradizione”. Questo l’appello rivolto da Hicam Hirazi (ex numero ventidue ATP marocchino) ad Ons Jabeur alla vigilia del suo match contro la ceca Marie Bouzkova. La tunisina non l’ha lasciato inascoltato diventando la prima tennista araba della storia (uomo o donna che sia) a centrare la semifinale di un Major. Sembra scontato affermare che era solo questione di tempo.

Eppure è così per una giocatrice che ci ha messo un po’ a capire tutto il meraviglioso bagaglio tecnico di cui dispone. Adesso su questi prati vuole continuare a danzare. Era lei la favorita alla vigilia dello Slam londinese. Lo è ancora di più oggi, visto che dall’altra parte della rete ci sarà Tatjana Maria, che non aveva mai superato il secondo turno in uno Slam prima di quest’edizione di Wimbledon. La teutonica è la favola del torneo. Colei che ha saputo pazientemente aspettare un treno che sembrava non dover passare più a quasi trentacinque anni e dopo ben due gravidanze nel mezzo della carriera agonistica.

Partiamo da un fatto non trascurabile. Si affrontano due grandissime amiche. La nordafricana è molto spesso presente in tanti scatti che coinvolgono la famiglia della tedesca, i cui due figli la chiamano addirittura ‘Zia Ons’. Le due si sono sfidate tre volte, una a livello di tabellone principale e due a livello di qualificazioni. Il bilancio dei precedenti è 2-1 in favore di Jabeur. Tutti e tre, però, sono molto poco indicativi visto che sono andati in scena tra il 2014 ed il 2018. Ora le cose sono cambiate radicalmente soprattutto per la tunisina. Quest’ultima non sembra avere particolari ostacoli di fronte a sè.

Maria infatti, se è vero che dal punto di vista tecnico può pensare di sedersi al tavolo della numero due del mondo, dall’altro lato possiede almeno due/tre cilindrate in meno rispetto all’avversaria. La nordafricana, inoltre, ha già superato con brillantezza tutti gli scogli che le si sono presentati davanti finora. Il riferimento è ai cinque set point cancellati nel primo set contro la belga Mertens agli ottavi di finale ma anche alla lucidità con cui ha rimontato un set di svantaggio contro la stessa Bouzkova ai quarti. Se riuscirà nuovamente a sgombrare la mente, sabato sarà lei a giocarsi la finale di Wimbledon.

CONTRASTO DI STILI – Lo avevamo detto all’inizio. Attenzione a quel trio di veterane ex campionesse del torneo. Alla fine almeno una (Kvitova e Kerber non ce l’hanno fatta) è riuscita ad arrivare fino in fondo. Simona Halep è l’altra grande indiziata per disputare l’ultimo atto. A Wimbledon ha trionfato tre anni fa ed è imbattuta da dodici partite. Nelle ultime due edizioni, infatti, non era stata in grado di difendere quel titolo prima per via del Covid-19 e poi a causa di un infortunio. Quest’anno sembra tornata per riprendersi lo scettro.

Lo ha fatto sfruttando alla perfezione un tennis in cui solidità e leggerezza nei movimenti hanno rappresentato delle caratteristiche difficili da gestire per tutte le sue avversarie. La sensazione è che possa andare molto in difficoltà anche Elena Rybakina, ventitreenne russa passata ormai da qualche anno sotto la bandiera kazaka. Quest’ultima ha in comune forse il solo fatto di maneggiare una racchetta con l’ex numero uno del mondo. Innanzitutto è la tennista che fino a questo momento della stagione ha mietuto più ace (oltre duecento). Il suo gioco incarna alla perfezione quello delle nuovissime generazioni.

Prime di servizio debordanti, accelerazioni devastanti con ambo i fondamentali e quella testardaggine bambinesca di voler conquistare il punto nei primi due/tre colpi dello scambio. La violenza con cui colpisce la pallina contrasta con la sua calma fuori dal campo, tangibile soprattutto nelle sue interviste al termine delle partite. Contro Halep partirà sfavorita ma è bene puntualizzare che l’incontro sarà molto equilibrato. I due precedenti vinti dalla rumena, infatti, si sono entrambi risolti al terzo set. Ce n’è anche uno portato a casa dalla kazaka ma in quell’occasione la nativa di Costanza fu costretta al ritiro nel finale di primo set. Imprescindibile per Rybakina cercare di investire la sua avversaria sin dall’inizio dello scambio.

Se invece la campionessa del 2019 riuscirà a far partire il punto potrebbe non esserci partita. Sicuramente può giocare un ruolo importante anche l’esperienza. Per la kazaka sarà la prima semifinale a livello Slam mentre Halep andrà alla caccia della sua sesta finale in un Major (la seconda a Wimbledon). Da questo punto di vista, però, la numero ventitre del mondo fa spavento. Apparentemente senza emozioni, concentrata sull’obiettivo e (forse) pronta in cuor suo a ribaltare il pronostico.

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