Dopo la rocambolesca vittoria di Djokovic su Monfils, la seconda semifinale di quest’edizione dello US Open tra Stanislas Wawrinka e Kei Nishikori si è giocata in uno stadio avvolto dall’umidità e (da circa metà incontro) coperto dal tetto. Stan Wawrinka, dopo un traballante inizio di match in linea col percorso che l’aveva condotto fino a questo punto del torneo, è riuscito a spuntarla contro un Nishikori in prima battuta molto convincente e poi, progressivamente, in netto calo. La storia dei colpi vincenti ed errori gratuiti di questo incontro, del resto, potrebbe costituirne una piccola sintesi: se fino a metà secondo set gli errori non forzati superavano i vincenti solo per quanto riguardava lo svizzero, da lì in poi il saldo ha cominciato a mutare profondamente, giungendo alla fine dell’incontro con Wawrinka in positivo (38-36) e Nishikori che eufemistico sarebbe definire in negativo (27-47). Buon per “Stan the Man”, dunque, che affronterà Djokovic nella propria terza finale Slam, dopo quella famosa al Roland Garros del 2015 vinta in quattro set proprio contro il serbo.
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I precedenti tra lo svizzero e il giapponese dicevano 3-2 per Wawrinka il quale, però, aveva perso nettamente l’ultimo incontro disputato a Toronto nonché l’unico precedente giocatosi sui campi di Flushing Meadows (quarti di finale del 2014). Dopo una prima semifinale decisamente deludente, le aspettative dovevano ricadere per forza su un match che anche preso di per sé, comunque, possedeva il suo bel fascino. Perché era interessante? Banalmente perché non era la semifinale che ci si aspettava. Wawrinka, dopo aver rischiato e (in parte) meritato di uscire dal torneo nell’incontro col britannico Evans, aveva sconfitto un Del Potro che i bookmakers davano contro di lui favorito e non di poco. Nishikori, eterno quasi-vincente, non aveva giocato un torneo troppo brillante prima di incontrare il giocatore del momento, favorito per il titolo e aspirante numero uno del mondo. Eppure, nonostante lo svantaggio di due set a uno, era riuscito a spuntarla in lotta col numero due del seeding Andy Murray, per l’occasione più nervoso che mai. Cose che non ti aspetti. Eppure, nonostante tutto, entrambi i giocatori potevano esibire qualche motivazione concreta per l’approdo a questo punto del torneo: Wawrinka oramai ci aveva abituati a raggiungere una finale Slam all’anno e, visti i risultati stagionali piuttosto scadenti, aveva nello US Open l’ultima possibilità per confermare questa “regola”; Nishikori, dalla sua, stava passando un periodo tennistico piuttosto felice e, dopo la finale a Toronto e il bronzo olimpico, non poteva che trovare nel suo “Slam prediletto” lo sbocco definitivo per l’exploit stagionale. Tutte cose che, messa al bando la scientificità, ci dicevano comunque che i due giocatori in gara non erano degli sprovveduti.
Il parziale introduttivo, obiettivamente, non spicca per emozioni, né tantomeno per qualità dei colpi. Il primo strappo all’incontro lo dà il giocatore manifestamente più in palla, Nishikori, che sul 2-2 breakka lo svizzero. Di qui in poi il servizio regno sovrano, nessun tentativo d’assedio, nessuno scricchiolio, nulla che dia quel brivido in grado di accendere il match. Infatti, è 6-4 in un men che non si dica.
Wawrinka comincia il secondo set giocando peggio di quanto non avesse fatto sino a questo momento, concedendo immediatamente il break. Sul 2-1 e servizio Nishikori, però, cominciano ad intravedersi i segni di una rinascita svizzera o, forse, della sua effettiva entrata nel match. Infatti, non solo lo svizzero ottiene la prima palla break dell’incontro ma con un bel dritto lungolinea riesce anche a trasformarla, rimettendo i conti in parità. Sul 3-3 le tre palle break consecutive ottenute dal giapponese sembrano voler significare che in realtà nulla è cambiato, che Nishikori è il giocatore del giorno e Wawrinka una semplice comparsa. Ciononostante, così non è. L’elvetico sventa abilmente ogni pericolo del momento, supera caparbiamente anche quelli che gli si ripresentano nel nono game e, sul 6-5, brekka l’avversario, incamerando un parziale che in corso d’opera sembrava voler ricadere nelle tasche del nipponico.
Il match è cambiato. Ora le palle break arrivano per lo svizzero che però, a differenza dell’avversario, le concretizza. Sul 2-1 gli errori del giapponese consentono a Stan di portarsi avanti di tre game, con la possibilità sul 4-1 di chiudere definitivamente i giochi del parziale. Ma Wawrinka è Wawrinka, un fenomeno sì, ma mentalmente un po’ fragile. Subisce il ritorno del giapponese e si trova – ora sotto un tetto chiuso – a dover rifare tutto. Ma Wawrinka è Wawrinka, mentalmente un po’ fragile sì, ma un fenomeno. Con un passante di rovescio mal gestito dal giapponese ruba il servizio decisivo del parziale, che incamera per 6-4.
Lo svizzero brekka immediatamente anche nel quarto parziale, dando l’idea che potrebbe anche non complicarsi più di tanto la vita per concludere l’incontro. Ma qualche piccolo passaggio a vuoto lo deve pur sempre manifestare e così è anche questa volta: un passante sbagliato riporta il punteggio in parità.
Se è pur necessario che Wawrinka qualche calo lo abbia, è ormai manifesto che il match è in suo controllo e che, molto probabilmente, non gli scapperà. Un altro rovescio lungolinea, questa volta vincente, gli consente di salire 4-2, non tanto per poi farsi recuperare, quanto più per poi chiudere con un sonoro 6-2. Così è, e Wawrinka esulta non indicandosi la testa, forse perché questa volta è riuscito a vincere anche senza il suo strenuo ausilio.
Risultato:
(3) S. Wawrinka b. (6) K. Nishikori 4-6 7-5 6-4 6-2