Editoriali

Diario di bordo da Tokyo 2020: a piedi per la città, mentre volley e beach abbandonano il Giappone

Olimpiadi Tokyo 2020 - Davide Lupo e Paolo Nicolai - Foto Luca Pagliaricci / GMT Sport

È una nuova giornata olimpica a Tokyo 2020. La sveglia, quest’oggi, suona clamorosamente un po’ più in là (8.30). Colazione, doccia e via verso l’MPC (Main Press Centre) per l’ultimo tampone salivare di questa trasferta tanto bella ed emozionante quanto faticosa e stressante. “Rachele Bruni ha chiuso al quattordicesimo posto la 10 km di nuoto”, esclama un Mosciatti in forma smagliante. E io penso alla povera Erika Primavera, costretta a svegliarsi alle 5 per andare a seguire una possibile medaglia… 

‘Moscio’ legge ad alta voce una news: ‘Terremoto in Giappone, avvertito anche nella capitale Tokyo, alle ore 5.45’. Nessuno di noi ha sentito nulla. Boh, sarà stato leggero. Nel pomeriggio si va all’Ariake Centre per Italia – Serbia di pallavolo, sperando di portare avanti il sogno delle ragazze azzurre. Nel frattempo spedisco Mosciatti alla pallanuoto, dove l’Italia sfida… sempre la Serbia. Due match davvero ostici. Nella serata giapponese (ore 22) andremo a seguire per la prima volta un evento insieme: Lupo/Nicolai nei quarti del beach volley maschile. 

In questi ultimi giorni possiamo girare a piedi (e con i mezzi pubblici, ancora non provati) per la città e la sensazione di libertà arriva sino all’anima. Tanti, in Italia, invidiano la nostra presenza in Giappone e non posso che essere d’accordo sulla carta. Nei fatti, vi assicuro, è stata durissima. Vi spiegheremo una volta tornati in Italia, adesso non c’è tempo per respirare. Si gira come trottole.  

Prima si pranza all’MPC: cold noodles con tempura di gamberi e verdure e un po’ di riso. Non male. Nel tavolo accanto al nostro si siede il fotografo Simone Ferraro. Noi parliamo del terremoto e del fatto di non esserci accorti nulla. “Io mi son svegliato per il terremoto. Sto al sesto piano”. Noi, in effetti, siamo al primo piano, il che può avere inciso. Ma siamo anche gli unici a non aver avvertito nulla! 

Registrazione e montaggio del primo podcast di giornata, sala stampa, qualche riga di diario e sono pronto per raggiungere l’Ariake Centre. Italia – Serbia di Pallavolo mi aspetta. Arriva una decisione, del sottoscritto, inattesa e pericolosa. La navetta fa un giretto assurdo e, nonostante l’Ariake sia a 5 minuti da MTM, ci vogliono 40 minuti. E allora sapete che vi dico: vado a piedi! 25 minuti a piedi contro 40 in pullman. Il caldo però è asfissiante oggi, cammino fiancheggiando una sorta di tangenziale di Tokyo. E all’arrivo, la beffa: dall’ingresso dell’Ariake Arena sino alla tribuna stampa bisogna camminare per altri 15 minuti! Finalmente arrivo, sudato come se avessi corso una 20km di marcia, sugli spalti. 

La sensazione durante l’inno è molto negativa: i volti delle ragazze vanno oltre la tensione, occhi quasi vitrei. L’inizio del match lo testimonia; tanti errori e… tremori. Anche la Serbia non parte bene e le azzurre, in qualche modo, vanno avanti 18-16 senza impressionare. Da quel momento, però, Boskovic si accende, Egonu si spegne e la Serbia mette insieme un parziale devastante di 34-14. L’Italia esce ai quarti e non si può non parlare di disfatta. Non che non si possa uscire con Boskovic e socie, anzi, ma la maniera con cui sono giunte le ultime tre sconfitte (Cina, Stati Uniti, Serbia) fa capire, come ha sottolineato anche Danesi, come sia “mancata cattiveria e personalità”. 

La partita dura poco. L’idea è quella di andare al Beach Volley (Shiokaze Park) per Lupo e Nicolai, ma ci sono tre ore di ‘buco’. Decido di passare a Casa Italia. Come? In taxi. Una signora molto gentile (e clamorosamente ferrata in inglese) mi aiuta a chiamarne uno, ma il tassista si perde e non mi trova. Dopo 30 minuti finalmente ci incontriamo! Casa Italia, saluti, baci (virtuali, non si può ovviamente!) e un’ottima cena. Poi si vola al beach. Ad aspettarmi in tribuna stampa il celeberrimo Matteo Mosciatti (che ha già fatto amicizia con un giapponese che spaccia biglietti per la mixed zone). Lupo e Nicolai lottano come non mai, ma i qatarioti sono impressionanti e devastanti. Nicolai dopo il match, in zona mista, ci tiene a sottolineare il grande cammino (4 vittorie) prima della sconfitta odierna. “In Italia c’è un beach volley prima e uno dopo Lupo/Nicolai. Non è presunzione ma è così”. Ha ragione. Da vendere. In zona mista intanto una cicala giapponese (ricordiamo il nome in lingua madre: semi) spaventa gli astanti con traiettorie rapide e imprevedibili, sfiorando un Marco Troppi (Fipav) alquanto preoccupato. Il grande Giuseppe Li, giapponese che ha vissuto in Italia e Gran Bretagna, ci spiega che “sono innocue, non fanno niente”, ma fidarsi delle cicale credo sia profondamente sbagliato. Ma chi le conosce, oh?! Nel frattempo Mosciatti si disinteressa di tutto e ci prova con una scozzese bionda (come da immagine in allegato inequivocabile).

Insieme all’amico Vanni Gibertini andiamo a prendere il pullman per tornare all’MTM e quindi in hotel. Mosciatti non ha ancora cenato, lo vedo provato. Il ‘Family Market’ sotto all’albergo ci salva come sempre. Sopravvive, saliamo. Si monta il nuovo podcast, si lavora, si studia la giornata successiva. Vi chiederete perché non abbiamo seguito il ciclismo su pista d’oro. Semplicemente perché sono 6 ore tra andata e ritorno. Praticamente si fa prima ad andare a fare un aperitivo a Melbourne da Dario Castaldo, dal quale interverrò, in radio, tra qualche giorno, per poi tornare in Giappone. Ciao a tutti, ciao a tutti, ciao a tutti. 

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