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INTERVISTA – Running, Domenico Martino: “La maratona mi faceva paura, ora la affronto con il sorriso”

Domenico Martino - Foto Club Supermarathon

La 20a edizione della Maratona di Pescara, andata in scena domenica 18 Ottobre, è stata anche l’occasione per festeggiare l’importante traguardo ottenuto dal runner Domenico Martino, che lungo le strade ed il lungomare della città abruzzese ha concluso la sua gara numero 250 con chilometraggio uguale o superiore alla maratona. Agente di polizia penitenziaria nella vita di tutti i giorni, Domenico Martino, pugliese di Lucera (Foggia), è un podista amatissimo nel circuito dell’ultramaratona italiana, per i modi gentili ed il sorriso contagioso con cui si presenta ad ogni competizione.

A qualche giorno di distanza dalla gara pescarese, Sportface.it ha incontrato Domenico.

Ciao Domenico, domenica hai tagliato un traguardo davvero importante. Molti sognano di fare almeno una maratona nella vita, tu ne hai fatte 250.

Ciao a tutti. Sono molto felice per aver raggiunto questo obiettivo, ma soprattutto per aver potuto rivedere tanti amici: purtroppo il lockdown ci ha costretti a casa per un lungo periodo, tante gare sono state annullate e molte persone non le vedevo più da molto tempo. L’unico rammarico è il non aver potuto abbracciare fisicamente tutti quelli che sono venuti a salutarmi. Il loro affetto nei miei confronti è la vittoria più grande.

L’organizzazione ha voluto celebrare questo traguardo con tutti gli onori.

Sono stati meravigliosi, davvero. Peraltro Pescara per me è una ricorrenza ormai calendarizzata (ride, ndr), perché qui ho festeggiato la maratona/ultra numero 150 e la 200. Voglio ringraziare tutti quelli che hanno lavorato a questa manifestazione, in primis Alberico (Di Cecco, nrd), per come mi hanno accolto e trattato.

Domenico, prima di parlare di attualità, andiamo indietro con i ricordi. Come comincia a correre uno che nella vita farà migliaia di chilometri?

Come tutti, quasi per caso. Avevo bisogno di una valvola di sfogo che mi aiutasse a scaricare lo stress del lavoro che faccio: amo la mia professione di agente penitenziario, ma talvolta mi trovo a gestire situazioni tutt’altro che facili. Le prime corse risalgono al lontano 1989, ma devo dire che l’inizio vero è stato nel 1990, quando per lavoro sono stato trasferito a Venezia. Alla sera con i colleghi si usciva a corricchiare tra le callette ed i ponti. Scenari suggestivi che mi sono rimasti nel cuore. I chilometri allora non erano molti, ma la passione per il running si è formata proprio in quelle giornate.

Le prime gare invece quando sono arrivate?

Qualche anno più tardi, diciamo a partire dal 1996, quando mi sono trasferito a Vasto. Lì ho ritrovato alcuni amici che correvano ed abbiamo iniziato a fare le cose in maniera più sistematica, cosi sono anche arrivate le prime competizioni, su distanze relativamente corte, come 10km o mezza maratona.

Domenico, qualcosa non mi torna. Ho letto sul web che la tua prima maratona è stata nel 2005, come è possibile che dal 1996 per nove anni non ne hai corsa neanche una?

E’ possibilissimo (ride, ndr). Avevo paura.

Veramente?

Si. Avevo come un blocco psicologico. Arrivavo alla mezza maratona e non volevo andare oltre. Ogni volta in cui si programmava di correre una maratona, finivo per trovare mille scuse, mi saltava sempre fuori qualche infortunio diplomatico. Ero come il malato immaginario (ride, ndr).

Alla fine, nel 2005, sei però riuscito a vincere questa paura

Un giorno mi sono guardato allo specchio e mi sono detto che non potevo continuare a rinunciare. In fondo si trattava solo di asfalto da percorrere: se proprio non fossi riuscito a correre, avrei potuto camminare. Così ho preso parte alla Maratona del Piceno ed è stato molto più semplice di quanto pensassi. E’ stato come aprire una diga. Non mi sono più fermato. Prima avevo paura, adesso corro con il sorriso distanze anche molto più lunghe

Quale è stata la competizione che ti ha dato più emozione tra tutte quelle corse?

Questa è una domanda davvero difficile. Non voglio fare il finto diplomatico, ma dico sinceramente che ogni gara fatta ha lasciato dentro di me tante emozioni, per i posti che ho visto e le persone che ho conosciuto, condividendo la fatica. Ho corso la 100km del Passatore del 12 volte, la 100km del Gargano, la 100km della Val di Noto e decine di altre gare fantastiche.

Non essere timido. Fai una scelta.

Se proprio mi metti alle strette, dico la 9 Colli Running, a cui ho partecipato nel 2019. Sono circa 202km, con appunto 9 colli da scalare con tratti di salita anche al 18%. Non ero per nulla sicuro di farcela: ci sono arrivato dopo aver corso tante 100km, anche la 100 miglia, ma 200km in quelle condizioni non sono uno scherzo. L’ho corsa insieme a Roberta, un amica con cui ho condiviso tante gare: è importante avere qualcuno a fianco in una corsa del genere. Tagliare il traguardo è stato semplicemente fantastico.

250 tra maratone ed ultra, tante persone conosciute. C’è qualcuno in particolare con cui hai legato?

Più di qualcuno. Io corro per questo, per vedere luoghi nuovi, incontrare persone e stringere amicizie. Mi dà più soddisfazione correre una maratona magari aiutando un amico in crisi ed arrivare mano nella mano al traguardo, che abbassare il personale di qualche minuto. Il cronometro non mi interessa. Non devo partecipare alle olimpiadi. Ciò che conta è tagliare il traguardo felicemente, condividendo la gioia con chi si conosce e con persone nuove.

Anche qui insito. Ti chiedo almeno un nome.

Stefano Velatta. La mia amicizia con Stefano è l’emblema di che cosa sia per me la corsa. Siamo diversi anni luce: lui è un top runner, mentre io sono un podista normale. Abitiamo a 700km di distanza. Eppure siamo diventati grandi amici, ci sentiamo spesso, anche nel periodo del lockdown siamo sempre rimasti in contatto. Stefano è una persona squisita, parliamo molto, mi dà tanti consigli, anche se pur con tutto l’impegno del mondo, io non potrò mai essere come lui: sarebbe come paragonare una Ferrari ad una 500 (ride, ndr).

Hai parlato di lockdown. Come hai vissuto questo periodo.

Mi sono fermato il 23 febbraio, non ho più corso. L’ho vissuta malissimo perché per me la corsa è condivisione, convivialità, amicizia. Anche quando è stato possibile riprendere gli allenamenti fuori casa, ho fatto molta fatica, più che altro psicologicamente. Non sono abituato a correre da solo, non mi piace. Mettevo insieme 10-15km, poi mi fermavo. Ad inizio ottobre ho rotto gli indugi e sono andato a Rieti per fare le 5 maratone in 5 giorni: il tempo non mi interessava, avevo bisogno di respirare il clima di una gara e di vedere i miei amici podisti.

Un’ultima domanda di rito. Il sogno podistico nel cassetto?

In realtà sono due: la Spartathlon e la Milano-Sanremo. La prima è una gara mitica, il sogno di ogni ultramaratoneta: il crono della 9 Colli mi ha dato la possibilità di poter essere incluso nella Entry List per partecipare al sorteggio. Vedremo quel che succederà. Per quanto riguarda la Milano-Sanremo, sono 285km, sulle strade della mitica gara ciclistica. Mi affascina molto, spero di poterla correre nei prossimi anni.

Sempre con il sorriso.

Ovviamente, sempre con il sorriso ed al fianco ti tante altre persone che condividono questa meravigliosa passione

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