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Se pensate che sia solo una questione di pon-pon, avete completamente sbagliato strada. E non è nemmeno un fatto di genere. Chiedetelo alle decine di migliaia di uomini che lo praticano. Il cheerleading è uno sport vero, di quelli che ti fanno trascorrere le ore in palestra ad allenarti. E che, tra qualche tempo, potrà persino conquistare il palcoscenico dei Giochi Olimpici.
Lo scorso 7 dicembre, infatti, l’Executive Board del Comitato Olimpico Internazionale ha assegnato al cheerleading (e contestualmente anche al muaythai, la boxe thailandese) lo status di sport olimpico provvisorio. Una condizione che, nei prossimi tre anni, permetterà alla federazione internazionale – l’ICU (International Cheer Union) – di ottenere un finanziamento di 75.000 $ per provare a entrare nella ristretta élite degli sport a cinque cerchi. Un traguardo che potrebbe essere raggiunto già a partire dall’Olimpiade del 2024 e che permetterebbe di dare voce e visibilità a un movimento che, tra le oltre 100 federazioni nazionali, conta 4,5 milioni di atleti nel mondo. E che, in Italia, rappresenta un vero e proprio cantiere in piena attività.
Gattinara, provincia di Vercelli. L’autunno profuma di vino rosso e di violette. Tra le foglie morte dell’estremità meridionale della Valsesia, c’è un’insolita vitalità nei volti dei 310 ragazzi che ogni giorno frequentano la palestra dei Wildcats. Si tratta di una delle società di cheerleading italiane più vincenti della storia di questo sport. Roba da ventidue titoli nazionali nel 2016 e da medaglia d’oro ai campionati europei del 2014 e del 2015, per intenderci. Donato Zanolo, fondatore e presidente della squadra, ha la voce emozionata quando parla della sua creatura: “C’è un entusiasmo incredibile. Abbiamo tirato su questa palestra nuovissima e l’abbiamo aperta a settembre. I ragazzi lavorano fino a tardi e sono davvero eccezionali. C’è persino chi rinuncia ad andare a ballare il sabato sera per potersi allenare”.
ASCOLTA L’INTERVISTA COMPLETA A DONATO ZANOLO (WILDCATS)
Zanolo ha il sogno olimpico chiuso a chiave nel cassetto di casa. Nel 2008, sua figlia Silvia (che nel 2007 era stata a un passo dal podio ai Mondiali di ginnastica artistica a Stoccarda, nel concorso a squadre insieme a Vanessa Ferrari) è arrivata a tanto così dall’Olimpiade di Pechino: dopo aver ottenuto la qualificazione, si infortunò quindici giorni prima del check-in per la Cina. Ora, dopo la recente decisione del CIO, spera di portare ai Giochi qualcuno dei ragazzi della sua squadra: “Qui ci sono atleti veri. A chi pensa che le cheerleader siano solo trucchi e pon-pon dico di venire a vedere i nostri programmi di allenamento e di assistere a una nostra gara. Quando siamo andati a Italia’s Got Talent la Littizzetto, la Zilli, Bisio e Frank Matano non credevano ai loro occhi. Pensavano di assistere a uno spettacolo di folklore, si sono ritrovati di fronte 27 sportivi di altissimo livello”. La palestra di Zanolo è il cuore pulsante dell’intero movimento nazionale. Qui si allena l’Italia Team All Girl, diciannove ragazze che nel 2017 rappresenteranno una delle federazioni azzurre ai Mondiali di Orlando, Stati Uniti.
IL VIDEO DEI WILDCATS CAMPIONI D’EUROPA NEL 2014
Già, una delle federazioni. Perché, a livello di politica sportiva, la situazione del cheerleading in Italia è piuttosto complessa. Proviamo a semplificare. Attualmente, nel nostro Paese, sono presenti almeno tre federazioni di cheerleading: la Fisac, la Ficec e la Federcheer. Quest’ultima, pur potendo vantare un numero consistente di iscritti, non è riconosciuta a livello internazionale. La Fisac (Federazione Italiana Sport Acrobatici e Coreografici) è l’unica delle tre che si trova nell’elenco delle federazioni riconosciute dall’ICU. La Ficec (Federazione Italiana Cheerleading e Cheerdance) è riconosciuta dall’ECU (l’European Cheer Union) e ha stretto un accordo con l’ICU che le permette di partecipare al Mondiale e alle competizioni internazionali più importanti. La differenza tra queste due è che, mentre la Fisac fa da contenitore per altri undici sport oltre al cheerleading (ad esempio, acrodance, ginnastica estetica, fitkid, trampette), la Ficec si occupa esclusivamente di cheerleading e di cheerdance.
ASCOLTA L’INTERVISTA COMPLETA A IVO SEQUANI (PRESIDENTE FICEC)
ASCOLTA L’INTERVISTA COMPLETA A CESARE BIANCHI (PRESIDENTE FISAC)
“La collaborazione tra le due federazioni è un dato di fatto – ci dice Cesare Bianchi, presidente della Fisac -. Abbiamo trovato un accordo persino sulla partecipazione al Mondiale: un anno la Fisac prepara la squadra di cheerleading e la Ficec quella di cheerdancing, l’anno successivo avviene l’esatto contrario”. Gli fa eco Ivo Sequani, presidente della Ficec: “Noi siamo pronti a collaborare sempre di più. Io mi sento settimanalmente con il presidente della Fisac, c’è un rapporto leale, libero e vero. L’unica differenza tra le due federazioni è che noi, quando ci alziamo la mattina, pensiamo solo al cheerleading e al cheerdance, loro invece devono pensare anche agli altri sport di competenza. Tuttavia, i riconoscimenti si otterranno solo se procediamo lungo la stessa strada”.
Una strada che, in verità, sembra essere piuttosto tortuosa. Oggi, Fisac e Ficec organizzano ancora due campionati nazionali diversi, a cui partecipano circa 60 società, pressoché equamente suddivise tra le due manifestazioni. E il Coni non ha ancora preso una decisione sul possibile nuovo sport olimpico e non corrisponde fondi a nessuna delle due federazioni. Alla base c’è un ragionamento molto semplice: volete avere voce in capitolo nella gestione del movimento? Bene, presentatevi con un progetto univoco e poi se ne può parlare.
Che la spinta all’unità del cheerleading italiano arrivi proprio dal riconoscimento del Cio? “E’ una grossa conquista – sostiene Bianchi –: abbiamo appurato una volta per sempre che il nostro è uno sport in tutto e per tutto. Speriamo che il Coni possa cogliere questa opportunità per aiutarci. Pensate che i nostri atleti, se vogliono andare a disputare i mondiali, devono provvedere di tasca propria alle alte spese di viaggio e di iscrizione”.
LE DIFFERENZE TRA CHEERLEADING E CHEERDANCING*
* La fonte è il regolamento FICEC del 2014
Ed è un paradosso per uno sport che potrebbe regalare in futuro grandissime soddisfazioni e che, nel nostro Paese, conta oltre 3000 atleti agonisti e che, grazie a numerosi progetti scolastici, sta allargando talmente tanto la base del movimento stesso che è impossibile fornire un dato univoco sul numero di ragazzi e ragazze che lo praticano a livello amatoriale. Per quanto riguarda i risultati, l’Italia riparte dal sesto posto iridato ottenuto lo scorso anno, in casa degli americani, e punta a proporsi come protagonista assoluta a livello internazionale. Nel frattempo sperimenta continuamente nuove soluzioni per crescere. La Fisac, ad esempio, si avvale della collaborazione di una squadra canadese, gli Spring Tumbling, che periodicamente propongono degli stage agli atleti italiani; ma anche le singole società puntano a cercare partner ed esperienze straniere per individuare nuovi percorsi formativi.
Il futuro è dalla parte dei ragazzi e delle ragazze che quotidianamente lavorano sodo per raggiungere i loro risultati. E per salire un giorno su quel treno dei desideri che viaggia spedito verso una destinazione a cinque cerchi.