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Ama ballare la samba, circondarsi di belle donne, e giocare a calcio. Nulla, meglio di questa frase, può descrivere Ronaldo de Assis Moreira, al secolo Ronaldinho.
Se avete meno di quarant’anni e avete avuto un telefono cellulare, lui era il protagonista di tutti quei video che ci si scambiava, tra amici, con i bluetooth (va beh, non di proprio tutti i video); si cimentava in giocate sopraffine, sia sul rettangolo di gioco che a al di fuori. I vari Neymar, Hazard, Griezmann hanno costruito il loro repertorio tecnico sui suoi tunnel, i suoi elastici, i suoi doppi passi.
È stato, è e sempre sarà un modello al quale ogni ragazzino si è ispirato e si ispirerà, al campetto o in strada, nel tentativo di stupire i propri amici; perché nulla è più stupefacente di una giocata “alla Ronaldinho”.
Lui, di quello sport con due porte e un pallone ne ha fatto un’arte, ha elevato il gioco ad un livello estetico superiore, creando un solco tra le scuole di attaccanti pre e post Dinho: nessuno ha rivoluzionato il calcio moderno più di Ronaldo de Assis Moreira ed è un riconoscimento, questo, che vale più dei trofei vinti, che comprendono, comunque: Champions League, campionati, Mondiale, Copa America e Pallone d’oro. Una carriera costellata di successi, col Barcellona e con la Seleção. Poi, però, è iniziata la sua fase calante, durante la quale non si allenava più con la stessa gioia e la forma fisica ne ha risentito.
Durante i suoi anni al Milan, ha dispensato giocate sopraffine e momenti di onnipotenza calcistica, alternandoli a periodi di scarsa condizione atletica, che ne hanno penalizzato il rendimento, fino alla “Saudade”, che lo ha spinto a tornare in Brasile, prima al Flamengo e poi all’Atlético Mineiro. Dopo aver vinto la Coppa Libertadores, è andato a giocare in Messico al Querétaro, dove non si è fatto certo apprezzare per professionalità e abnegazione, per poi tornare in Brasile, stavolta alla Fluminense, dove ha giocato solo 7 partite, prima di rescindere e fermarsi. È stato un free-agent fino a qualche giorno fa, quando ha annunciato l’inizio della sua nuova vita da ambasciatore del calcio per il Barcellona, la squadra con la quale si è imposto, a livello europeo, e che lo ha consacrato come uno dei giocatori più forti della storia del calcio.
Oggi, tutti noi siamo qui a tributargli lacrime di nostalgia, riflettendo su quanto le sue giocate siano state determinanti per il nostro amore verso questo sport e pensando a ciò che è stato e a ciò che sarebbe potuto essere, se si fosse sempre comportato da professionista esemplare. Probabilmente, però, non sarebbe stato lo stesso Dinho, poiché, tutto quello che ha fatto, è stato possibile perché lui amava il Gioco più di chiunque altro e dunque, è giusto ricordarlo come un ragazzo che ama ballare la samba, circondarsi di belle donne e giocare a calcio, ma che con le ultime due è stato decisamente esagerato. Grazie di tutto, Ronaldo de Assis Moreira, da parte di tutta una generazione che ora ha gli occhi intasati dalle lacrime e dalle tue giocate.