Calcio

Carlo Tavecchio lascia la Figc, ora è scontro sul commissariamento

Carlo Tavecchio - Foto Sportface

Dopo aver traumatizzato milioni di tifosi, l’Apocalisse ha scosso la Federcalcio. Esattamente una settimana dopo la mancata qualificazione dell’Italia ai Mondiali di Russia 2017, il presidente Carlo Tavecchio ha deciso di dimettersi. Lo ha fatto questa mattina, “attorno alle 11.45”, dopo aver preso atto che la Lega nazionale dilettanti, “la mia componente”, ha deciso di togliergli il sostegno: “A quel punto non ho pensato un istante e mi sono dimesso”, ha spiegato Tavecchio attorno alle 14.30 nella conferenza stampa convocata a Roma, in via Allegri, nella stessa sala dove due ore prima aveva comunicato la propria decisione al Consiglio federale.

Una riunione lampo, durata pochi minuti: il dirigente di Ponte Lambro ha annunciato la sua scelta e chiesto un passo indietro a tutto il Consiglio, poi si è alzato e se ne è andato. “Nessuno ha rassegnato le dimissioni, sono rimaste soltanto le mie”, ha rivelato Tavecchio con un pizzico di comprensibile amarezza, viste le posizioni espresse nei giorni scorsi da alcuni presidenti come Damiano Tommasi (Associazione calciatori) e Gabriele Gravina (Lega Pro). Tavecchio esce di scena, dunque, ma non senza togliersi diversi sassolini dalle scarpe. Contro le altre componenti del mondo del calcio (“Non mi aspettavo il cambio di indirizzo della Lnd”, ha spiegato), ma anche contro Giovanni Malagò: “Io pago la colpa di aver scelto Ventura, ma il presidente del Coni ha rivelato che il commissario tecnico è stato individuato da Marcello Lippi (l’ex ct della nazionale ha poi smentito, ndr). Ora lo sapete – ha tuonato Tavecchio, per la prima volta fuori di sé in una conferenza stampa – Poi ho sentito il presidente del Coni dire “chapeau” alla Lnd: da chi dovremmo imparare a dire chapeau? Io posso dirlo, che ho passato quaranta anni nei Dilettanti”.

Il dirigente di Ponte Lambro ha rivendicato le cose fatte (dai successi politici in Uefa e Fifa all’introduzione della Var passando per i centri tecnici federali) e avanzato un’ultima richiesta: “Ho solo un interesse, portare a termine questi novanta giorni prima delle nuove elezioni. Malagò vuole commissariare la Figc? Sarebbe molto grave”. Con il presidente federale dimissionario e senza i rappresentanti delle due leghe più importanti, Serie A e Serie B, per il numero uno dello sport italiano il commissariamento è però “una soluzione di buon senso. Qualunque persona – ha osservato Malagò – si può rendere conto della situazione nel mondo del calcio: è tutta un’anomalia, un’eccezionalità, una gestione straordinaria. Andare avanti così sembra un accanimento terapeutico”.

Per questo il Coni ha convocato una Giunta straordinaria mercoledì pomeriggio, al Foro Italico. Ma sull’opportunità del commissariamento la scontro è aperto. Da Ulivieri a Tommasi, da Gravina ad Abete (“Culturalmente sono sempre contrario ai commissariamenti, non mi piacciono gli uomini soli al comando – ha dichiarato in serata l’ex presidente federale – Credo in una democrazia partecipata, non all’unto dal Signore”), i consiglieri della Figc hanno rigettato con forza l’ipotesi, allineandosi a Tavecchio per rivendicare l’autonomia del mondo del calcio. A sostenere questa tesi c’è l’articolo 24, comma 9 dello statuto della Federcalcio: “In caso di dimissioni del presidente federale, decadono immediatamente il presidente e l’intero Consiglio federale. L’espletamento dell’ordinaria amministrazione è garantita in prorogatio dal presidente federale e dal Consiglio federale”. La posizione del presidente Malagò, invece, è sostenuta dall’articolo 7, comma 5, lettera F dello Statuto del Coni: “La Giunta propone al Consiglio nazionale il commissariamento delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate, in caso di gravi irregolarità nella gestione o di gravi violazioni nell’ordinamento sportivo da parte degli organi direttivi ovvero di constatata impossibilità di funzionamento dei medesimi”. Per scoprire come finirà basta aspettare 48 ore: con il commissariamento le elezioni della Figc slitterebbero con ogni probabilità alla prossima estate; senza l’intervento del Coni, invece, la Federcalcio avrebbe un nuovo presidente entro metà febbraio.

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